Espandere il proprio network estero per rispondere alla crescita della domanda di banda larga in mare aperto, trainata dal boom di social network e video-streaming. La strategia di Milano Teleport, Internet provider satellitare italiano, è radicalmente cambiata nel 2005, quando la società generava il 90% dei ricavi come broadcaster televisivo via satellite. “La crisi del mercato televisivo ci ha spinto a guardare con interesse all’aumento della domanda di connessione dati, sia su terra sia in mare”, racconta a CorCom l’Ad della compagnia italiana, Umberto Gallo. Da allora la parte marittima del business di Milano Teleport, che ha chiuso il 2015 con 10 milioni di ricavi, di cui 7 dal segmento Internet service, è cresciuta in modo esponenziale e rappresenta ormai il suo core business.
Come è avvenuto il processo di transizione da broadcaster televisivo a Internet service provider?
Nel 2005 facevamo 90% televisione e 10% Internet, mentre ora facciamo principalmente Internet con la parte televisiva affidata ad uno spin-off ad hoc. Abbiamo iniziato a fornire Internet via satellite quando la crisi del mercato televisivo ci ha spinto a guardare con interesse all’aumento della domanda di connessione dati, sia su terra sia in mare. Oggi forniamo servizi a banda larga via satellite in mare, in gran parte su navi mercantili, mega yatch e navi da crociera ed è un business in crescita costante. Ma continuiamo a fornire anche servizi di connettività terrestre, principalmente in Africa.
Che tipo di esigenze ha chi naviga in mare aperto?
Ad ogni cliente forniamo un profilo tarato sulle proprie necessità. Noi abbiamo iniziato a fornire Internet alle barche italiane nel 2006, quando la tecnologia VSAT (Very small aperture terminal, ndr) ha iniziato a consentire l’uso di servizi VoiP, e-mail con la terraferma e risparmi economici. Con l’esplosione dei social, come Facebook e Youtube, la logica è passata da sostitutiva ad aggiuntiva, si cerca qualcosa in più. Specialmente chi passa molti mesi in navigazione vuole poter navigare in Rete, anche solo per comunicare con amici e parenti. Oggi, in media il 50% del traffico in mare aperto finisce su social network e servixi video come Netflix.
Dal punto di vista geografico, come è composto il vostro giro d’affari?
Il 15% del nostro fatturato deriva dall’Italia, mentre il resto da paesi come Spagna, Francia, Olanda, Uk, Grecia, Emirati Arabi e Usa. Ultimamente, stiamo lavorando molto con le navi da crociera che operano in Nord-Europa e Antartide.
Gestite tutto il processo di fornitura di servizi Internet in proprio?
Combiniamo la rete nostra con tecnologie standard e con la parte satellitare di iDirect. Utilizziamo la loro piattaforma per trasformare il segnale IP in segnale radio che, attraverso le antenne, va on air prima di essere rimbalzato in mare dal satellite ed essere poi riconvertito in segnale IP a bordo.
Quali sono i vostri progetti?
Vorremmo espanderci ancor di più all’estero per ridurre il time to market e migliorare la customer experience sul versante dell’assistenza. Partnership, joint venture o acquisizioni sono tutte ipotesi che stiamo vagliando.