INTERNET GOVERNANCE

Gambassi (Iscom): “L’Europa dica la sua sulla Rete”

“Sull’Internet governance la strategia più efficace sarà quella concordata con gli Stati europei. Importante chiudere la transizione prima della scadenza del mandato di Obama”. L’Italia avrà voce in capitolo come gli altri? “Sulla carta sì”. Ma va fatta chiarezza sui ruoli

Pubblicato il 12 Mag 2014

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Sull’Internet governance la strategia più efficace sarà quella “concordata con gli altri Stati membri europei”: a dirlo è Maura Gambassi, funzionario dell’Istituto superiore delle comunicazioni e tecnologie dell’informazione del Mise, che ha preso parte in rappresentanza dell’Italia a NETmundial, la conferenza internazionale sul futuro del governo della Rete andata in scena dal 23 al 24 aprile a Sao Paulo. Una tappa importante nel percorso di consultazione internazionale avviato dall’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), organizzazione californiana preposta a sicurezza, stabilità e interoperabilità di Internet, dopo lo storico annuncio del 17 marzo: in quella data l’amministrazione Obama ha fatto sapere che, entro settembre 2015, passerà “alla comunità globale dei multistakeholder le funzioni fondamentali legate al Domain Naming System (Dns)”, sistema che assicura a chi digita l’indirizzo di un sito di finire nel posto giusto. Da allora è iniziata una consultazione globale coordinata dall’Icann e caratterizzata da incontri in varie parti del mondo in cui tutti gli stakeholder – governi, imprese, esperti di Ict, accademici, associazioni no profit – sono chiamati a dare il loro contributo. Anche l’Italia, appunto, che in questo contesto ritiene importante concordare un punto di vista comune nell’ambito dell’Unione europea.

Gambassi, cosa è emerso dal vertice?

È stato il primo incontro sull’Internet governance con approccio davvero multistakeholder, sin dalle fasi preparatorie del meeting. Il punto di partenza per i lavori dei partecipanti al meeting è stato il documento di sintesi redatto sulla base degli oltre 180 contributi provenienti da settore privato, governi, accademici, comunità tecnica e dalla società civile di tutto il mondo e poi esposto a ulteriore pubblica consultazione. Con un po’ di ottimismo si potrebbe dire che questo evento ha segnato l’inizio ufficiale una governance di Internet di tipo bottom-up, in cui le decisioni vengono prese sulla base dei contributi e delle esigenze di tutti coloro che sono coinvolti nella tematica e non sono più imposte dall’alto. È stato un evento che ha anche garantito apertura e inclusività: trasmissione streaming delle sessioni plenarie, traduzione simultanea in sette lingue, drafting session aperte ai partecipanti, interventi in partecipazione remota garantiti come quelli dei presenti.

Qual è stato il contributo del governo italiano al dibattito sulla roadmap per l’evoluzione dell’Internet governance?

L’Italia, attraverso l’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione (Cti), ha partecipato attivamente ai lavori di preparazione coordinati dalla Commissione Ue, durante il meeting, è intervenuta rinnovando la propria adesione al modello multi-stakeholder, con la speranza che il risultato di NETmundial costituisca una base comune e una visione condivisa per tutti gli stakeholder. Il nostro Paese, in linea con la posizione della Ue, ritiene necessario che la Rete sia singola, aperta, libera, sicura, affidabile e non frammentata. Sarebbe auspicabile, tuttavia, maggiore chiarezza nella definizione dei ruoli e delle responsabilità degli stakeholder nella gestione delle risorse Internet, anche considerando che i governi sono responsabili delle politiche pubbliche.

Cosa significherà in concreto per l’Italia il passaggio da un modello Usa-centrico a un modello multi-stakeholder?

Il modello Usa-centrico è ormai anacronistico. Come ha detto il commissario europeo all’Agenda digitale Neelie Kroes, Internet è una risorsa globale, comune e pubblica e, quindi, tale deve essere la sua governance. È importante che nel nuovo modello multistakeholder anche i processi decisionali siano multistakehodler e non più top down. Ancora non si sa cosa cambierà nel nuovo modello multistakeholder, quindi non è possibile dire se e cosa cambierà per l’utente finale. Per ora le premesse sembrano buone, visto che nello Statement di San Paolo vengono ribaditi, tra gli altri, il principio della libertà di espressione e il principio dell’accessibilità di Internet in cui si stabilisce che anche le persone con disabilità debbano godere di pieno accesso alla Rete.

Non c’è il rischio che il controllo finisca in parte nelle mani di governi autoritari e quindi inclini alla censura del web?

La speranza è avere una rete Internet più sicura e trasparente. Fortunatamente a NETmundial i governi che si sono pronunciati a favore della sovranità nazionale anche su Internet rappresentano ancora una minoranza.

Come intende incidere l’Italia sul processo di consultazione internazionale che sta intraprendendo l’Icann? C’è una strategia in merito?

L’Istituto Superiore sta monitorando le principali sedi in cui viene affrontata la problematica e ritiene che una strategia concordata con gli altri Stati membri europei potrebbe rivelarsi quella più efficace.

Intendete partecipare a ulteriori vertici?

Fino al 30 settembre 2015, data di scadenza del contratto tra Icann e governo Usa, ci saranno molti eventi in cui si parlerà dell’argomento. L’Istituto Superiore è coinvolto nella problematica in diverse sedi, quindi sicuramente vi sarà una nostra partecipazione ad altri appuntamenti internazionali, tra cui il prossimo meeting Icann di Londra a giugno cui parteciperà Rita Forsi, direttore dell’Istituto Superiore Cti, rappresentante aggiunto nella Governmental Advisory Committee di Icann.

Esiste il rischio che Paesi come l’Italia abbiano meno voce in capitolo?

Almeno sulla carta no. L’Agenda di Tunisi stabilisce che tutti i governi debbano essere sullo stesso piano (“on equal footing”). Ora la discussione è sul campo di azione di questa espressione: lo sono solo i governi o anche gli tutti gli stakeholder? Il paragrafo 4 dello Statement di San Paolo, “Punti da discutere ulteriormente dopo NETmundial”, pone questo come il primo problema da affrontare.

Prevede un percorso agevole o accidentato?

Tutto dipenderà dai tempi di implementazione della transizione. Se necessario, il contratto che scade a settembre 2015 potrebbe essere prorogabile per altri due anni. Le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti saranno nel 2016. Nonostante gli attacchi è ragionevole pensare che Obama non torni indietro sulle proprie decisioni: è importante quindi che la transizione si chiuda prima della scadenza del suo mandato.

In definitiva sta risultando efficace questa modalità di consultazione collettiva?

Sì e i numeri parlano da soli: 180 contributi iniziali, circa 1400 commenti al documento, poco meno di 1000 delegati presenti fisicamente a San Paolo. E nemmeno un mese prima c’era stato il meeting di Singapore dell’Icann, a cui avevano partecipato molte delle persone che poi sono intervenute anche a San Paolo.

Ma è un argomento per addetti ai lavori o a suo parere dovrebbe avere maggiore risonanza nel panorama politico italiano?

In Italia occorre promuovere la partecipazione e sensibilizzazione di tutti gli attori coinvolti per affrontare l’Internet governance in tutte le sue accezioni tecniche, politiche, sociali, legali, discusse in una molteplicità di forum tra cui quelli dell’Itu, dell’Igf (Internet governance forum) e dell’Hlig (High Level Group on Internet governance).

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