Nel 2009 e nel 2010 in Europa il consumo di videogames ha superato
quello di musica e cinema. I blockbuster più venduti sono Call of
Duty e Angry Birds. “I videogiochi sono un business grande,
l’Italia è un grande consumatore e il nostro obiettivo è
sollecitare le istituzioni per promuovere un business che anche nel
nostro paese può creare business, posti di lavoro e cultura. Un
videogioco, come un film o un libro, è un veicolo di cultura”.
Lo ha detto questa mattina Andrea Persegati,
presidente dell’Aesvi (Associazione italiana software videoludico
italiano) in occasione della terza edizione del Games Forum,
l’evento annuale organizzato alla Camera dei Deputati per
promuovere i videogiochi made in Italy.
Un mercato, quello dei videogiochi, che da tre anni genera un giro
d’affari superiore al miliardo di euro nel nostro paese, al
quarto posto in Europa per volume d’affari, per favorirle il
quale il settore chiede alla politica un impegno per inserire il
tema nell’Agenda Digitale e per tutelare il copyright.
“Dieci anni fa il videogiocatore era un ragazzino, oggi è un
adulto di età variabile – aggiunge Persegati – i videogiochi
nell’ultimo decennio sono diventati uno strumento di massa. In
Italia siamo grandi consumatori di videogiochi, ma purtroppo siamo
ancora deboli sul fronte dello sviluppatori. Si investe poco nel
settore, anche se un videogioco di cassetta oggi è come un film
hollywoodiano”.
Dal punto di vista tecnologico, la diffusione di smartphone e
tablet è una grossa opportunità di business per gli sviluppatori
italiani, perché “sviluppare videogiochi online per questi
device mobili costa molto meno che per le console tradizionali –
aggiunge il presidente di Aesvi – in Italia di certo non manca la
creatività, questa è un’opportunità da sfruttare, non solo per
il tempo libero ma anche per la creazione di nuovi posti di lavoro.
L’industria italiana è piccola ma c’è”.
Sulla stessa linea Marco Polillo, presidente di
Confindustria Cultura Italia, che raccoglie al suo interno anche
l’Aesvi oltre ad altre 11 associazioni che si occupano di musica,
cinema, editoria, musica dal vivo. “Le aziende che rappresentiamo
sono specializzate in creazione di contenuti e generano 16 miliardi
di euro di fatturato – dice Polillo – il core business è
quindi il content e per questo siamo sensibili a temi come la
tutela del copyright, diritto d’autore, e digitale che sono i tre
temi principali di cui ci occupiamo”.
“I videogiochi sono all’interno della filiera digitale – dice
la professoressa Paola Dubini, direttore del
Centro di Ricerca Ask, Università Bocconi, che ha illustrato lo
studio “Scenario internazionale del Game Development e le leve di
sviluppo per il contesto italiano” – lo studio prende in
considerazione lo sviluppo di software e non le console. Il settore
è vitale a livello globale, con tassi molto elevati di produzione
di nuovi titoli”. Il valore complessivo del mercato dei videogame
è compreso fra 57 e 65 miliardi di euro, con u tasso di crescita
dell’11% all’anno dal 2006 al 2011.
L’Asia è il mercato più ricco, davanti a Europa e Nord America.
Nel 2011 il 57% del mercato sarà generato dal gaming su
piattaforme tradizionali (console e pc), ma nell’ultimo biennio
stanno prendendo quota nuove piattaforme (online e wireless) “che
aprono a nuovi segmenti di clientela – aggiunge Dubini – in
particolare donne e nuovi segmenti di giovani”. Al 2015, secondo
stime di Gfk, l’impatto delle nuove piattaforme wireless e online
supererà il 50% del mercato, con un valore di 41 miliardi di euro
a livello globale.
In Italia, il valore del mercato supera il miliardo di euro, con un
tasso di crescita annuo del 9,4%. Le piattaforme tradizionali
(console e pc) hanno un peso del 67% e la crescita del 2011 sarà
del 10,3%.
Fra le applicazioni del gaming non c’è soltanto quella ludica,
ma anche quella pubblicitaria ed editoriale.
Nel 2009 e nel 2010 in Europa il consumo di videogames ha superato
quello di musica e cinema. I blockbuster più venduti sono Call of
Duty e Angry Birds.
“Quello dei videogiochi è un fenomeno che impatta su tutta la
società italiana – sottolinea Antonio Palmieri,
membro della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera
e promotore del Games Forum – Quindi penso che le istituzioni non
possano ignorarlo in tutti i suoi aspetti, educativo, formativo,
scolastico e artistico. È un settore che promette e mantiene posti
di lavoro”.
Ma cosa fanno concretamente e cosa possono fare le istituzioni per
sostenere il settore? “L’evento alla Camera è già un segno
importante e concreto di riconoscimento del settore dei videogiochi
– risponde l’Onorevole del Pdl -. L’obiettivo è sostenere e
dare vigore agli attori grandi e piccoli del settore. C’è poi
tutta una serie di misure messe in atto nell’ultima parte del
Governo Berlusconi: penso alla possibilità per i giovani di creare
una nuova impresa con una tassazione forfettaria del 5% nei primi 5
anni, contenuta in una delle manovre di luglio nonché a una serie
di misure per sostenere i giovani che intendono mettersi in proprio
e cimentarsi in questo settore”.
“È il terzo anno che con Aesvi costruiamo questa iniziativa per
ribadire l’importanza del settore dei videogiochi dal punto di
vista culturale, educativo e lavorativo – aggiunge Palmieri -. Il
tema di quest’anno è la prospettiva professionale aperta dallo
sviluppo di videogiochi per i giovani”.
Secondo uno studio realizzato dalla Fondazione Rosselli nel 2009
l’universo degli sviluppatori italiani è composto da circa 60
società, con un fatturato di circa 19 milioni di euro nel 2008. Un
paio di videogame made in Italy da esportazione sono Monster
Trouble, realizzato dalla bolognese Magic Dream Games, e Ducati
Challenge della milanese Digital Tales.
Accanto alle realtà internazionali, il settore dei videogiochi
esprime una grossa ricchezza di made in Italy. In Lombardia trovano
la loro collocazione alcuni tra i più importanti sviluppatori
italiani di videogiochi, come la milanese Milestone, e Ubisoft, che
fa capo all’unica multinazionale del settore che ha una sede di
produzione nel nostro paese.
La capacità produttiva delle imprese italiane è stata di circa 50
titoli negli ultimi 3 anni dalla rilevazione. La maggior parte dei
titoli sono prodotti per pc o console portatile, visti i minori
costi di realizzazione. Maggiori opportunità si riscontrano in
prospettiva dall’online e dal mobile. “Esistono esperienze
internazionali – chiude Palmieri -. Penso al Canada, dove il
settore sostenuto con misure specifiche e di sburocratizzazione,
tassazione favorevole per i giovani, è diventato il terzo mercato
globale”.