Gartner stima che i guadagni del mercato delle app saliranno a quota 25 miliardi di dollari entro l’anno, con un tempo medio trascorso sui marketplace di due ore al giorno per ciascun utente. Le previsioni sulla crescita di questo settore della telefonia mobile parlano di un +62% entro la fine del 2013: una vera e propria gallina dalle uova d’oro, sempre più oggetto di interesse da parte degli sviluppatori di tutto il mondo. I due principali marketplace, App Store per i dispositivi Apple e Google Play per quelli Android, contano ognuno più di 700mila app, gratuite e a pagamento.
La concorrenza però è spietata. Dagli albori dei marketplace, in cui la qualità era sicuramente più bassa, si è passati a un vero e proprio business in cui ogni prodotto disponibile per il download è frutto di mesi di studi tecnici e marketing. Rispetto al 2010, si è ampliato notevolmente il bacino degli utenti, sia per quantità che per presenza geografica. All’inizio, infatti, il mercato era quasi interamente focalizzato sugli Stati Uniti, mentre adesso ha raggiunto piena espansione anche nel resto del mondo, con Cina, Giappone e Corea del Sud ai primi posti per download effettuati. Inoltre, le app hanno spiccato il volo e sono atterrate anche su piattaforme diverse dallo smartphone, come i tablet e le smart tv.
Dietro i numeri di questo successo si celano però diversi fallimenti, soprattutto da parte di sviluppatori e software house minori che non reggono la concorrenza dei grandi operatori. Per questo la vera sfida è superare la selezione dell’App Store o di Google Play con un prodotto che non sia solo “cool”, ma abbia un valore aggiunto nell’utilizzo quotidiano. Anche quando, poi, si raggiungesse il sospirato obiettivo, servirebbero le risorse per mantenere quei livelli qualitatitivi tanto apprezzati dagli utenti.
Sono tanti, infatti, i grandi committenti di app (Disney, Espn e altre multinazionali) che hanno dovuto tagliare parte dei software già disponibili perché poco remunerativi. Il problema si fa ancora più pressante per i “pesci piccoli” che, se iniziano ad ottenere popolarità, non hanno altra scelta se non quella di inserire la pubblicità all’interno dei loro prodotti, col rischio di infastidire (e perdere) gli utenti faticosamente conquistati.