L’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale generativa potrebbe impattare fino a 312 miliardi di euro all’anno sul Pil italiano nei prossimi 15 anni pari a una potenziale crescita del Pil fino al 18,2%, Questa la stima messa nero su bianco nel report “AI 4 Italy: from theory to practice – Verso una politica industriale dell’IA Generativa per l’Italia”, a cura di Teha Group in collaborazione con Microsoft Italia presentato al Forum di Cernobbio.
Dallo studio emerge che le pmi, in particolare, potrebbero beneficiare di un incremento di 122 miliardi di euro in valore aggiunto, E il brand “Made in Italy” è individuato come uno dei principali beneficiari della nuova rivoluzione tecnologica. Si prevede che la GenAI avrà un impatto profondo sui margini di export: le proiezioni indicano potenziali aumenti dei fino 121 miliardi, pari al 19,5% dei ricavi totali dell’export manifatturiero italiano. Ingegneria meccanica e farmaceutica fra i settori che potrebbero registrare una crescita molto elevata, con incrementi rispettivamente di 20 e 13 miliardi.
Gli investimenti delle aziende italiane nella GenAI
Dalla survey è emerso che la totalità delle aziende intervistate che prevede di adottare soluzioni di GenAI nel prossimo futuro dal 78% dello scorso anno. E le aziende italiane stanno già registrando guadagni tangibili in termini di produttività: il 47% delle imprese riferisce aumenti della produttività superiori al 5% e il 74% ha registrato incrementi di produttività superiori all’1%. Un’azienda su due prevede nei prossimi due anni un aumento di produttività di oltre il 10%.
“L’AI Generativa, che solo un anno fa sembrava un hype dalle facili promesse di crescita, ha convinto la maggior parte delle imprese che, con toni e velocità differenti, hanno iniziato a sperimentare, comprendere i benefici di queste nuove tecnologie, tanto semplici da utilizzare quanto potenti e dai veloci riscontri positivi. Siamo passati, nel giro di pochi mesi, dalle potenzialità all’operatività”, sottolinea Vincenzo Esposito, amministratore delegato di Microsoft Italia. “Il nostro Paese è da sempre un simbolo di innovazione, dall’arte alla scienza, dal design alla manifattura e oggi possiamo applicare questa eredità culturale al futuro digitale, mettendo l’ingegno umano al centro”.
La criticità delle competenze e della fuga di cervelli
Ma non mancano gli ostacoli sul cammino nazionale. L’Italia è in ritardo sul know-how relativo all’AI, con il 63% degli imprenditori che riconosce che le competenze in tema di GenAI non sono ancora diffuse.
“L’AI generativa sta trasformando i modelli di business e migliorando produttività, collaborazione e interazione con il digitale. Questo rende necessario investire per adeguare le competenze sul mercato del lavoro a questo nuovo paradigma tecnologico – evidenzia Donatella Sciuto, Rettrice del Politecnico di Milano e Advisor Scientifico della ricerca -. Diventa quindi cruciale rafforzare l’offerta formativa e creare un ecosistema di innovazione capace di trattenere i nostri talenti e attrarre quelli internazionali”.
Il nostro Paese è al settimo posto in Europa e al sedicesimo posto tra i Paesi Ocse per programmi di studio dedicati all’AI e diffusione di adeguate competenze, e va evidenziato il ritardo complessivo dell’Europa sugli Stati Uniti. L’Italia inoltre continua a perdere talenti AI a favore di paesi che offrono migliori opportunità professionali e condizioni di lavoro più attraenti.
“Il ritardo dell’Italia e dell’Europa nello sviluppo dell’AI è preoccupante. Per evitare di rimanere indietro, è urgente l’adozione di una politica industriale dell’IA che posizioni l’Italia come leader globale nell’innovazione tecnologica”, sottolinea Valerio De Molli, ceo di Teha Group.
Nuovo miracolo economico?
“L’Italia, con più di 4 milioni di imprese, può potenzialmente contare su una ricchezza e varietà di dati che rappresentano un patrimonio di inestimabile valore per applicazioni AI. Per trasformare questa potenzialità in valore è però necessario investire in infrastrutture digitali nazionali robuste, capaci di gestire grandi quantità di dati in modo efficiente e sicuro. Senza capacità computazionale nazionali, infatti, non c’è AI”, ha sottolineato nel suo intervento al Cernobbio Claudio Bassoli, presidente e amministratore delegato di Hpe Italia. “Dobbiamo aiutare le nostre imprese ad abbracciare questa tecnologia, ad oggi ancora poco adottata, e dobbiamo, al tempo stesso, accrescere le competenze digitali e diffondere la cultura dell’AI a tutti i livelli della società, specie tra i giovani, per creare una forza lavoro in questo ambito. Se sapremo fare tutto ciò, magari concentrando lo sviluppo di applicazioni IA in settori in cui l’Italia ha già una forte tradizione e competenza, come la moda, il design e l’agricoltura, questa tecnologia potrà rappresentare un traino per il Made in Italy e contribuire a modernizzare e digitalizzare l’economia del Paese, dando vita a un nuovo miracolo economico in Italia”.