LA VISION

GenAI, Rebattoni (Ibm): “La sfida non è sui modelli, ma sulla governance”



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Big Blue spinge sull’open source e sulle partnership strategiche, anche con i concorrenti, per costruire architetture ibride in grado di semplificare la creazione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Le anticipazioni sul Ceo Study 2024 e gli use case sviluppati per i clienti

Pubblicato il 30 mag 2024



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La partita dell’intelligenza artificiale generativa non si giocherà tra le sponde dei foundation model proprietari e degli approcci open source: sarà piuttosto la capacità di governance (intesa anche come elevato livello di sicurezza sulle applicazioni sviluppate) il fattore critico di successo in una dimensione, quella della GenAI, sempre più destinata a ibridarsi.

Quanto meno, questo è ciò di cui è convinta Ibm che, guardando ai principi di trasparenza e apertura della tecnologia, intende non solo tenere un atteggiamento agnostico in tal senso, ma anche rafforzare le partnership con player che – sullo scacchiere dell’intelligenza artificiale e non solo – sono prima di tutto concorrenti, a partire da Aws e Microsoft Azure.

GenAI, la sfida è sulla governance, non sui modelli

“Trovo una certa analogia con il percorso evolutivo del cloud. Dieci anni fa, a ben ricordare, non si faceva che discutere di public vs private, come se uno dei due modelli distributivi dovesse per forza uscire vincitore. Noi, che di certo non siamo mai stati un hyperscaler, non facemmo alcuna scelta di campo, decidendo piuttosto di dedicarci alla creazione di un’architettura che avesse come riferimento il concetto di hybrid multicloud. Il tempo ci ha dato ragione, siamo stati anche visionari nell’acquisire Red hat e nell’utilizzarla come piattaforma di orchestrazione di ambienti multicloud: oggi tutti sono consapevoli che gestire la complessità significa leva su un’infrastruttura che consenta di volta in volta la scelta migliore per gli applicativi a cui deve sottendere la tecnologia. Ecco, per me la GenAI avrà uno sviluppo analogo, anche se più veloce. Il dibattito sui modelli da qui a breve perderà completamente di senso, e ci si dovrà concentrare tutti su una governance adeguata a una serie di strumenti che variano da use case a use case, come del resto prevede l’AI Act. L’impegno sarà tutto sulle soluzioni e su una loro implementazione rapida e responsabile”. A parlare è Stefano Rebattoni, presidente e amministratore delegato di Ibm Italia.

Rebattoni si è confrontato con la stampa specializzata in occasione di un incontro che si è tenuto questa mattina a Milano, agli Ibm Studios. L’appuntamento è stato organizzato sia per anticipare alcune delle evidenze emerse dall’edizione 2024 – la 29esima – del Ceo Study sia per condividere, dalla viva voce di Sebastian Krause, senior vp chief revenue officer di Ibm, gli annunci più rilevanti fatti all’evento Think, andato in scena a Boston la settimana scorsa.

Gli insight del Ceo Study 2024: l’AI diventa una priorità

L’indagine condotta coinvolgendo oltre 3mila ceo di aziende appartenenti a 26 settori industriali dislocate in circa 30 paesi, in particolare, ha messo in luce dinamiche completamente diverse rispetto all’edizione 2023. Se l’anno scorso produttività ed efficientamento dei costi operativi rappresentavano la priorità assoluta per il top management internazionale, con l’innovazione di business solo al sesto posto, quest’anno la voce product and services innovation balza in cima alla classifica dei temi sul tavolo dei board.

“E se fino a qualche tempo fa, parlando di tecnologie abilitanti si citava, tra le altre, l’AI, oggi non c’è più alcuna discussione: è sulla GenAI che si punta per rinnovare processi e modelli di business”, ha commentato Rebattoni, spiegando che però, nell’adottare queste tecnologia le aziende hanno di fronte a sé tre sfide di non poco conto. “La prima riguarda la necessità di sostenere la trasformazione tecnologica promuovendo prima di ogni altra cosa un cambiamento culturale. Questo comporta un nuovo approccio alla collaborazione, che deve superare i confini dell’IT ed essere trasversale su tutte le linee di business, raggiungendo anche il board”.

C’è poi il tema dell’affidabilità. “Sappiamo tutti che si tratta di una tecnologia rivoluzionaria, ma non bisogna sottovalutare il fatto che non tutte le GenAI sono uguali e che per garantire lo sviluppo di applicazioni sicure occorre una progettazione che integri by design una governance efficace”. Ultimo, ma non per importanza, il giusto bilanciamento tra l’avvio di iniziative che abbiano ricadute sul business a breve termine e la creazione di un percorso evolutivo che segua una strategia precisa. “Sperimentazione e sostenibilità in termini di costi, governance e controllo degli strumenti devono andare di pari passo”, ha precisato Rebattoni. “Le azioni spot devono fungere da abilitatore di un programma di trasformazione che durerà diversi anni”.

Focus sull’open source e sulla semplificazione

La strategia di Ibm a livello globale si muove di conseguenza. E gli annunci fatti al Think di Boston, dovo sono state ospitate circa 3700 aziende clienti, cercano di indirizzare le esigenze espresse dalle organizzazioni facendo leva su strumenti che puntano a rendere la tecnologia sempre più aperta, affidabile e sicura.

“Sono tre le aree rispetto alle quali abbiamo presentato le novità più rilevanti”, ha detto Sebastian Krause. “La prima è ovviamente quella della GenAI: tutte le conversazioni, ruotano intorno alle metodologie da adottare per accelerare il ritorno sugli investimenti e quindi agli use case da sviluppare. Abbiamo per questo aggiunto a Watson X nuovi foundation model, nel segno dell’open source. L’obiettivo è quello di portare il meglio che offre il panorama globale sul nostro marketplace, garantendo sempre la qualità dei dati su cui sono costruiti e facendo leva su un’infrastruttura Gpu proprietaria che ci consente di dare vita, oltre che a large language model, anche a casi d’uso specifici e a soluzioni verticali”.

Sempre sul fronte dell’AI, Ibm ha poi lanciato Instruct Lab, che – semplificando – permette alle imprese di usare modelli esistenti disponibili nel mondo open source e di perfezionarli alimentandoli con i propri dati. “In questo modo si risparmiano tempo e risorse, aumentando l’accuratezza dei modelli grazie all’uso di informazioni qualificate”, ha precisato Krause, che ha poi citato Ibm Concert, pensata per aiutare i clienti a identificare vulnerabilità potenziali nello sviluppo di soluzioni di automazione, e il nuovo programma dedicato all’ecosistema dei partner, la cui partenza è prevista per la seconda metà dell’anno.

Come cambia l’attività consulenziale di Big Blue

All’incontro era presente anche Tiziana Tonaghi, managing partner di Ibm consulting Italia, che ha spiegato come la componente tecnologica legata alla GenAI stia cambiando profondamente anche l’attività consulenziale di Big Blue. “Oggi possiamo contare su una piattaforma basata su Watson X che mette a disposizione metodi, tool e soprattutto assistenti digitali addestrati su topic specifici con criteri di sicurezza e responsabilità. Riusciamo così non solo a sviluppare più rapidamente business case che indirizzano la strategia condivisa dal cliente, ma anche a creare nuovi strumenti di analisi e di assistenza attraverso attività di coding gestite direttamente dall’AI. L’esperienza ci dice che grazie a questa piattaforma guadagniamo tra il 40 e il 50% di produttività per ogni sessione di lavoro”.

Ed è sulla base di questa attività interne che poi Ibm Consulting riversa sul mercato l’expertise maturata. Gli use case più richiesti (e più attuabili) riguardano al momento quelli sui fronti del customer service, dei servizi digitali (a partire da processi HR e operations) e dell’IT for IT (specialmente per quanto riguarda il coding).

Tra i clienti che hanno già messo a frutto la tecnologia ci sono WindTre, che ha sviluppato insieme al team di Tonaghi l’assistente virtuale Will, in grado di decuplicare la produttività del customer service dell’operatore Tlc, e l’ufficio Hr di Barilla, che sta mappando la forza lavoro per evidenziare i gap con gli skill richiesti in modo da proporre percorsi formativi in grado di riallineare costantemente le competenze.

“Ma ci stiamo dedicando anche all’ambito sportivo”, ha chiosato Rebattoni. “Lavoriamo con una società calcistica che gioca nel campionato italiano di Serie A e che vuole sfruttare dati e intelligenza artificiale per potenziare le attività di scouting. Del resto, si compete in un mercato diviso tra chi dispone di grossi capitali finanziarie e chi punta sui vivai: la capacità di sfruttare una piattaforma che raccoglie e integra i dati forniti dagli scout e genera, grazie all’AI, insight su possibili candidati a ricoprire ruoli specifici può trasformarsi in un importante fattore di vantaggio competitivo per chi ha meno risorse”.

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