IL REPORT

Gender gap, aziende tech pronte a pagare di più per un recruiting equo

Secondo i dati di SheTech e Idem, il 69% delle donne pensa che sia più complicato per loro, rispetto agli uomini, raggiungere i traguardi di lavoro mentre l’86% crede di essere pagato meno del collega maschio. Ma i player di settore puntando ad invertire la rotta per garantire la parità, partendo dal processo di selezione

Pubblicato il 11 Ott 2022

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Le aziende tech sono disposte a pagare di più per selezioni più eque. È quanto emerge da un sondaggio Shetech e Idem, presentato in all’evento Women4Tech – L’innovazione è femminile, promosso dalla compagnia assicurativa Generali, con la collaborazione tecnica dalla società di recruiting, specializzata in settori ad alto contenuto tecnologico e legati al mondo dell’innovazione, Oliver James.

I dati del rapporto

Il 69% delle donne intervistate che lavora nell’ambito tecnologico pensa che sia più complicato per loro, rispetto agli uomini, raggiungere i traguardi di lavoro, mentre l’86% crede di essere pagata meno del collega maschio. Dal punto di vista della carriera l’84% delle donne intervistate pensa che un uomo abbia più probabilità di essere promosso e il 67% di loro crede che in fase di assunzione, tra un uomo e una donna con eguali caratteristiche, venga preferito un uomo. Percentuali che trovano riscontro non solo in ambito tecnologico: secondo il Global Gender Gap Report 2022, infatti, serviranno 132 anni per arrivare alla parità di genere nel mondo. Sui 145 paesi presi in esame dal report internazionale, l’Italia è al 63esimo posto. Se, infine, si prendono in esame le discipline Stem la situazione peggiora: le donne, infatti, sono sottorappresentate in particolar modo nei campi dell’ingegneria (6.6% donne contro il  24.6% uomini) e dell’Ict (1.7% donne contro il 8.2% uomini). Ma nonostante la situazione presenti non pochi aspetti di complessità, emergono tendenze positive, non è un caso infatti che l’87% delle donne intervistate che, quindi, già lavorano nell’ambito tech dice di essere stata incoraggiata durante tutto il proprio percorso.

Come invertire le rotta

“Dal rapporto SheTech – spiega Chiara Fangareggi, Senior Manager di Oliver James – emerge un dato su cui riflettere: il 67% delle donne intervistate pensa che in un processo di assunzione per un ruolo tecnologico, a parità di competenze, le aziende preferiscano un collega uomo. Come società di recruiting siamo convinti che nel mondo del lavoro si stia affacciando un nuovo modello, molto più equo, e che il contrasto al gender gap passi in primis dalla fase di selezione del personale e che quindi è anche da qui che dobbiamo iniziare a contrastarlo. Perciò, proprio in questo senso deve andare l’impegno delle società di recruiting: nel proporre alle aziende shortlist composte per il 50% da donne, impegnandosi in progetti di inserimento equo di personale, presentando all’azienda una squadra composta da un numero equo di donne e uomini”.

Affinché il match funzioni, però, c’è bisogno che l’impegno sia condiviso da chi assume. “Le aziende stanno cambiando il loro punto di vista – dice Fangareggi –  Stiamo assistendo alla nascita di una nuova tendenza da parte delle imprese che assumono: alcune di esse sono addirittura disposte a pagare di più per selezioni bilanciate”.

Una volontà di invertire la rotta che deve essere accompagnata però anche da un cambio di scenario. “Le nuove modalità di lavoro ibrido, con l’aumento dello smart working, aiutano sicuramente a combattere il problema e a bilanciare ‘la doppia presenza’ casa e lavoro, che grava soprattutto sulle donne – spiegano da Oliver James – ma è necessario lavorare anche sulla formazione: upskilling di competenze tecnologiche che possano abilitare le carriere delle donne, ma anche lavoro sulle soft skill che permetta di colmare problematiche come il confidence gap, quel “divario di fiducia” che rallenta le donne e che spesso associato al gender gap e che riguarda, ancora una volta, soprattutto le donne”.

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