La Commissione europea ha pubblicato i risultati salienti dello studio condotto sul geo-blocking nell‘e-commerce sul mercato unico dell’Ue, quella pratica che impedisce ai consumatori di un determinato paese di fare shopping online in un altro paese Ue a causa delle limitazioni geografiche imposte dai negozi online.
Per la Commissione europea, impegnata a rendere il Mercato unico digitale una realtà, il geo-blocking è una causa importante di frustrazione per i consumatori e di frammentazione per il mercato interno, perché limita le opportunità e la scelta per gli utenti che vogliono fare acquisti, tramite Internet, in qualunque paese dell’Ue.
Lo studio è stato svolto sotto forma di sondaggio col metodo del ‘mystery shopping’ in più di 10.000 siti di e-commerce al fine di individuare, tra le altre cose, l’esistenza e la frequenza dei meccanismi di geo-blocking sul mercato unico digitale europeo e di capire in quali fasi dell’acquisto di beni o servizi intervengono questi meccanismi e in quali categorie di prodotto o in quali paesi sono più diffusi.
Il sondaggio ha così scoperto che in solo il 37% di tutti i siti Internet studiati gli utenti riescono a completare con successo l’acquisto trans-frontaliero: negli altri casi il geo-blocking interviene in una delle fasi della transazione. Nel dettaglio, il 2% dei siti ha negato direttamente l’accesso o re-indirizzato automaticamente al sito nazionale; nel 27% dei siti i “mystery shoppers” non hanno potuto registrarsi, procedura necessaria per effettuare l’acquisto; nel 32% dei casi, gli acquirenti sono arrivati al momento di pagare ma a quel punto il venditore online si è rifiutato di consegnare il prodotto o fornire il servizio nel paese dell’utente; nel 26% delle transazioni, infine, non è stato possibile pagare perché il metodo di pagamento del mystery shopper non era accettato o incluso tra quelli possibili o perché è fallita la procedura di inserimento del numero della carta di credito.
La Commissione europea sottolinea anche che, nonostante esista l’obbligo legale di informare anticipatamente su eventuali limitazioni nella consegna, il 44% dei siti che usano il geo-blocking non lo dice in nessuna fase del processo d’acquisto.
Lo studio ha anche trovato che, in generale, il geo-blocking sembra essere applicato più di frequente sui beni tangibili che sui servizi, in particolare sugli elettrodomestici (86%), mentre per i libri viene applicato meno che per tutti gli altri beni (60%). Viaggi (33%) e prenotazioni online (40%) sono, nella categoria dei servizi, i settori dove è stato riscontrato il minor uso del geo-blocking.