L’ANALISI

Gigabit Act, l’Europa in ritardo di almeno 15 anni e resta l’ostacolo execution

Secondo Strand Consult ci vorrà molto tempo prima di toccare con mano gli effetti concreti della proposta Ue e l’aumento dei tassi di interesse rischia di far impantanare l’intera operazione. Dubbi anche sull’effettiva applicazione del Digital Markets Act: troppo potente la “lobby” delle big tech. E sull’AI Act la via europea è tutta da costruire

Pubblicato il 03 Gen 2024

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L’Unione europea sbaglia tutto sulla regolamentazione delle tlc. Lo scrivono gli esperti di Strand Consult nella nuova nota di ricerca che riassume i macro-trend delle telecomunicazioni del 2023 e anticipa quelli del 2024. L’impatto (negativo) è massimo sulla diffusione della banda ultra-larga, affermano gli analisti, che vedono ombre anche nel nuovo Gigabit act, che “arriva con 15 anni di ritardo” e continua a “fare troppo poco”. Il divario di investimenti con gli Stati Uniti si allarga, mentre l’Europa persiste nel non ammettere il consolidamento sul mercato delle tlc.

Gigabit act, i gap dell’Europa restano 

Il Gigabit infrastructure act del Parlamento europeo introdotto nel 2023 mira ad accelerare l’implementazione di una connettività con capacità gigabit ed “è una soluzione che aiuta i fornitori di infrastrutture fisse, ma rimane la domanda su quanti anni ci vogliono per l’attuazione a livello locale”, scrivono gli analisti. “Strand Consult non si aspetta di vedere l’effetto di questa legge nel 2024, o anche per alcuni anni, dato l’aumento dei tassi di interesse. In poche parole, il disegno di legge dell’Ue è troppo poco e arriva con un ritardo di circa 15 anni”.

È l’intero impianto normativo ad essere fallato, secondo gli esperti: “Dieci anni fa Strand Consult ha pubblicato il report ‘The Eu’s broadband and telecom policy is not working. Europe is falling further behind the Us’, che documentava come gli operatori Usa avevano investito per anni il doppio in infrastrutture rispetto alle loro controparti europee. Il trend non è cambiato. Gli Stati Uniti investono ancora a un ritmo doppio rispetto all’Ue; l’Ue è ancora più indietro e il gap di investimenti che servirebbe all’Europa per chiudere il suo divario digitale si è allargato a 274 miliardi di euro rispetto a 150 miliardi di dieci anni fa”.

Senza consolidamento delle Tlc, quadro fosco in Europa 

Il 2024, prosegue la nota di ricerca, sarà un altro anno in cui l’Ue pubblicherà report che dimostreranno che l’Europa è indietro. Ciononostante, i responsabili politici europei continuano a rifiutare soluzioni come il consolidamento degli operatori all’interno dei singoli mercati nazionali, che potrebbe aiutare le telco a crescere e a investire e, in definitiva, migliorerebbe “il quadro fosco per le tlc in Ue”.

Nel frattempo gli Stati Uniti, l’India e molte nazioni africane hanno completato consolidamenti di successo. I risultati operativi della maggior parte delle società di telecomunicazioni in questi paesi sono migliori di quelli in Europa. I responsabili politici dell’Ue accettano lo status quo di rendimenti sempre più in peggioramento e di un crescente deficit di investimenti.

Ue contro Big tech, la regolamentazione ha le armi spuntate

I dubbi di Strand Consult si allargano ad altre regolamentazioni europee. Il Digital markets act (Dma), scrivono gli esperti, propone di regolamentare i contenuti online e le piattaforme di social media, ma “la grande domanda è come sarà implementato nella pratica. Sarà interessante vedere se le big tech spunteranno le armi dei responsabili politici dell’Ue”.

Lo stesso ragionamento vale per l’Artificial intelligence act (Ai Act) dell’Ue che ha la “pretesa” di poter garantire la “trasparenza” degli algoritmi. “È difficile credere che qualsiasi funzionario europeo abbia le competenze per fare una tale valutazione. Poiché i modelli di business dell’Ai devono ancora essere dimostrati, il regolamento sembra prematuro. Nessun burocrate può dire se Google, Microsoft, Aws, ChatGpt o qualche altra entità hanno la soluzione di intelligenza artificiale migliore“.

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