La Svezia ha appena festeggiato 250 anni di libertà di stampa. Una ricorrenza che, però, non mette il Paese al riparo dalle fake news. Lo scrive il giornale online DigiDay Uk che analizza in un articolo “How Sweden is fighting fake news”.
Lo hate speeching e la condivisione di bufale sono fenomeni particolarmente catalizzati dall’immigrazione. Secondo Ehsan Fadakar, editorialista social del tabloid Aftonbladet, in Svezia le domande d’asilo sono raddoppiate tra il 2014 e il 2015 a più di 160mila: circa la metà vengono accettate. Come in Germania, l’immigrazione ha dato origine a gruppi nazionalisti nel Paese.
Rapporto diretto editori-lettori
La Svezia, 10 milioni di abitanti, conta su quattro quotidiani nazionali oltre a Tv e radio pubbliche. Poche testate con le quali però la popolazione intrattiene un engagement alto. Anche grazie a tariffe low cost per le connessioni mobili si registra un’alta diffusione di abbonamenti a giornali. Il numero di persone che utilizza Facebook come fonte di informazione è esiguo. Secondo Schibsted, il gruppo proprietario fra l’altro dei tabloid Aftonbladet e del quotidiano Svenska Dagbladet, il 90% dei suoi lettori online ogni giorno provengono da traffico diretto, al sito o alle app.
La bolla del filtro Facebook
Anche così però la gestione delle fake news è un compito arduo. Alcuni tool utilizzati per segnalare problemi di questo tipo sul sito social si affidano unicamente alle segnalazioni degli utenti. In Germania Facebook si è affidata a una piccola società esterna per il fact checking.
Lo scorso settembre, un nuovo sito Politisk inkorrekt, il cui slogan è “tutt’altro che politicamente corretto”, ha pubblicato una storia che il Primo ministro svedese Stefan Löfven ha avuto un orologio esageratemente costoso. Su Facebook il post ha ottenuto circa 1.000 like 2.000 commenti. Aftonbladet ha verificato che si trattava di una bufala e ha investito circa 4mila corone per smentire la notizia su Facebook fra i commentatri della bufala.
Distinguere il vero dal falso
Alcuni editori svedesi stanno sperimentando nuove modalità di pubblicazione su Facebook, in modo da scongiurare l’ambiguità che spesso emerge dai post confondendo il lettore sul genere di contenuto: notizia, commento, analisi ecc. Il tabloid Expressen pubblica alla fine di ogni articolo due link che chiedono ai lettori di far presente imprecisioni e di segnalare, eventualmente, l’articolo ai regolatori svedesi. “E un modo per i giornali che difendono la propria autorevolezza di ottenere una certificazione sul proprio approccio etico”, dice Anna Gullberg, redattore capo del gruppo di giornali locali MittMedia. Ma il mondo dell’editoria svedese sta discutendo anche sulla possibilità di rilasciare “certificazioni”: “Il punto d’arrivo potrebbe essere un ‘bollino’ per tutti i siti che soddisfano certi standard deontologici” dice Thomas Eriksson, capo dei contenuti digitali di Egmont Publishing.