Ormai è un volo piatto quello dei terribili passerotti di Angry Birds, uno dei capostipiti tra i giochi bestseller per smartphone esplosi con il fenomeno delle “app” scaricabili, inventate da Apple sull’iPhone. La crescita esuberante di fatturato degli anni passati si è arrestata, e nel 2013 le vendite della casa madre Rovio hanno totalizzato 156 milioni di euro, quasi invariate dai 152 milioni di un anno prima.
Gli utili netti poi si sono più che dimezzati, a 27 milioni di euro dai 56 milioni del 2012. Un declino che secondo il Financial Times fa da contraltare alle crescite esponenziali di un altro tipo di app di gioco: quelle chiamate “freemium”, totalmente gratuite ma in cui i giocatori vengono incentivati a spendere soldi per velocizzare o potenziare il processo di gioco.
Un meccanismo più smaliziato e evoluto di quello su cui si basa Angry Birds, ovvero concedere un accesso solo parziale al gioco e esigere il pagamento di somme (anche ridotte) per sbloccare la versione completa. E che era stato il modello dominante nei primi anni di boom delle app.
Secondo il FT ormai la strategia vincente è il freemium e Rovio ha sviluppato a sua volta una versione di questo tipo (Angry Birds Go), che però non è riuscita a esplodere né sui dispositivi Apple né su quelli con sistema operativo Android di Google.
Il gruppo finlandese – connazionale della Supercell che invece sta spopolando con i suoi titoli, tra cui il più gettonato Clash of Clans – ha comunque reperito altri canali di entrate sfruttando il marchio che si era rapidamente creato attorno ad Angry Birds. E spera di rilanciarsi anche con un film di animazione atteso però solo nel 2016.