IL DOCUMENTO

Global minimum tax, ecco la bozza di accordo Ocse

La convenzione multilaterale non è ancora aperta alla firma degli Stati. Si punta a convincere i Paesi scettici, tra cui Brasile, India e Colombia, e varare l’intesa entro fine anno. L’organizzazione internazionale stima che la riforma genererà tra i 17 e i 32 miliardi di dollari di entrate fiscali aggiuntive

Pubblicato il 11 Ott 2023

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Sulla global minimum tax c’è una bozza di accordo tra i Paesi Ocse: l’organizzazione ha pubblicato il testo (SCARICA QUI IL DOCUMENTO COMPLETO) su cui i membri sono arrivati a una posizione comune in merito alla spinosa questione di una più equa distribuzione del gettito fiscale derivante dai profitti delle grandi multinazionali, in particolare dei giganti digitali.

Questa “convenzione multilaterale” non è ancora aperta alla firma dei governi e alcuni Paesi, tra cui India, Brasile e Colombia, hanno mantenuto delle riserve su alcuni punti. Manal Corwin, direttore del Centro per la politica e l’amministrazione fiscale dell’Ocse, ha tuttavia dichiarato che “c’è un consenso molto ampio sull’architettura generale” del testo tra i circa 140 Paesi che partecipano ai negoziati. “Questi paesi hanno continuato ad essere estremamente costruttivi, cercando di colmare le differenze… e continueranno a farlo”, ha detto. Corwin. L’obiettivo resta quello di firmare l’accordo su entro la fine del 2023.

Se firmato e ratificato da un numero sufficiente di paesi, il testo sulla global minimum tax porterebbe alla redistribuzione di profitti per un valore di 200 miliardi di dollari all’anno dalle multinazionali ai paesi in cui vengono effettuate le vendite.

Global tax, accordo in sede Ocse 

La convenzione codifica l’accordo storico raggiunto due anni fa per aggiornare il sistema fiscale internazionale all’era digitale.

Nel disegno Ocse la global minimum tax mira a fermare la corsa al ribasso tra Stati sulle aliquote fiscali per attrarre nei diversi territori le big corporation. Dal 2017, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, su mandato del G20, coordina i negoziati internazionali volti a limitare le pratiche di elusione fiscale delle multinazionali e a stabilire un sistema più equo per la distribuzione nei diversi Paesi delle entrate fiscali derivanti dai loro profitti.

L’accordo multilaterale pubblicato prevede che una parte del gettito fiscale derivante dai profitti delle multinazionali di grandi dimensioni venga riassegnata ai Paesi in cui si trovano i loro clienti, indipendentemente dal Paese in cui hanno scelto di stabilire la propria sede e di essere tassati.

Attualmente, le aziende, in particolare i giganti del digitale, possono scegliere di essere tassate in Paesi con regimi fiscali favorevoli dove svolgono solo una piccola parte della loro attività, alimentando la concorrenza fiscale tra i Paesi.

Nuove regole per big tech e multinazionali

Le nuove regole si applicheranno solo alle multinazionali più grandi, quelle con un fatturato globale oltre 20 miliardi di euro e una redditività superiore al 10%. Si tratta di un centinaio di società in tutto il mondo.

Se il nuovo sistema verrà adottato, il 25% dei loro profitti che superano un margine del 10% del fatturato – i cosiddetti “profitti residui” – sarà riassegnato ai Paesi in cui sono stati realizzati. Le somme raccolte saranno ripartite proporzionalmente tra i Paesi in cui la multinazionale ha realizzato almeno un milione di euro di vendite (soglia abbassata a 250.000 euro per i Paesi con un pil inferiore a 40 miliardi di euro). In totale, circa 200 miliardi di dollari dovrebbero essere ridistribuiti ogni anno, secondo i calcoli dell’Ocse, che prevede che la riforma genererà tra i 17 e i 32 miliardi di dollari di entrate fiscali aggiuntive. In cambio, l’accordo multilaterale elimina la doppia imposizione e i Paesi firmatari che hanno introdotto imposte specifiche sulle multinazionali si impegnano ad abolirle.

Le incertezze sulla ratifica

Il Financial Times precisa che non vi è certezza su  quanti governi nazionali approveranno l’accordo. Nel frattempo, a meno che non venga firmato da una certa proporzione di paesi entro la fine dell’anno, scadrà il divieto di tassare unilateralmente i servizi digitali precedentemente concordato tra i paesi. Questo potrebbe portare a una “proliferazione” di tasse sui servizi digitali che sarebbe “significativamente dannosa”, ha avvertito Corwin.

Il testo del trattato sarà presentato ai ministri delle finanze e ai governatori delle banche centrali del G20 in un nuovo report fiscale del segretario generale dell’Ocse in vista del loro incontro in Marocco questa settimana.

Non è chiaro se alcuni paesi, in particolare gli Stati Uniti, firmeranno il trattato e lo ratificheranno nei loro parlamenti. Per entrare in vigore legalmente a livello internazionale, il trattato dovrà essere firmato da almeno 30 giurisdizioni, che ospitano la sede di almeno il 60% delle circa 100 aziende interessate ai cambiamenti.

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