Nuovo passo concreto verso l’applicazione della global minimum tax, la storica riforma del sistema fiscale internazionale varata ad ottobre al G20 di Roma. L’Ocse ha pubblicato un quadro preciso di regole per l’attuazione della riforma che, per la prima volta e a partire dal 2023, imporrà alle grandi imprese multinazionali un’aliquota minima del 15%.
“Il modello di regole pubblicato rappresenta una pietra angolare dell’elaborazione di una soluzione a due pilastri e trasforma le basi dell’accordo politico ottenuto ad ottobre in regole applicabili”, dichiara in una nota Pascal Saint-Amans, direttore del centro politico e di amministrazione fiscale dell’Ocse, sottolineandola “volontà”dei membri Ocse di risolvere le sfide poste da un’economia sempre più digitale e globalizzata attraverso soluzioni coordinate“.
Pilastro Due: l’aliquota al 15% per le grandi multinazionali
Il modello di regole del Pilastro Due (Pillar Two model rules) è stato adottato lo scorso ottobre dai 137 Paesi e giurisidizioni membri del Quadro inclusivo Ocse/G20, con l’adesione anche di Irlanda, Estonia e Ungheria. “Un passo epocale ed estremamente positivo per gli sforzi collettivi dell’Europa per costruire un sistema fiscale globale più equo e stabile”, lo ha definito il commissario Ue all’economia, Paolo Gentiloni.
L’imposta minima al 15% verrà applicata alle multinazionali che realizzano un fatturato superiore ai 750 milioni di euro e dovrebbe generare, secondo i calcoli dell’Ocse, ogni anno 150 miliardi di dollari in introiti fiscali supplementari a livello mondiale.
Le regole pubblicate dall’Ocse definiscono il campo di applicazione delle norme cosiddette GloBE. In particolare, precisa l’Ocse, le regole instaurano una “tassa complementare” sui benefici realizzati in ogni giurisdizione, non appena il tasso effettivo di imposizione, calcolato al livello della giurisdizione, è inferiore al tasso minimo del 15%. Il modello di regole del Pilastro Due, afferma l’Ocse, “faciliterà la trasposizione in diritto interno delle regole Globe, Paese per Paese, entro il 2022”.
Addio alla web tax dell’Ue
Nel frattempo la Commissione europea ha deciso di sospendere definitivamente la web tax europea, come confermato dalle autorità di Bruxelles dopo alcune indiscrezioni dei media. La mossa era prevedibile: a fine ottobre Italia, Francia, Spagna, Regno Unito e Austria si sono accordati con gli Stati Uniti e hanno deciso di bloccare le digital tax nazionali dal 2023, quando entrerà in vigore il nuovo regime Ocse. I cinque Paesi si sono anche impegnati a rifondere la parte di prelievo fiscale superiore a quanto le aziende hi-tech avrebbero pagato se l’intesa sulla global minimum tax fosse entrata in vigore prima.
La digital tax europea avrebbe contribuito a finanziare il piano di rilancio Next Generation EU ma, da quanto trapela dall’esecutivo europeo, le risorse saranno garantite ora dal Pilastro Uno della riforma fiscale, ovvero raccogliendo una quota dei profitti imponibili sulle multinazionali riassegnati a ciascun Paese. Il Primo Pilastro della riforma del fisco internazionale ha lo scopo di riassegnare una quota maggiore dei diritti di tassazione ai Paesi dove le società del web fatturano ma non hanno una presenza fisica. Il Secondo Pilastro, invece, è quello che garantisce l’aliquota minima globale del 15% sulle grandi multinazionali.