Un aumento del Pil europeo del 5% nei prossimi 8 anni e oltre 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro: è quanto potrebbe portare, secondo le stime dell’Unione Europea, il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea. Ma l’Italia è pronta ad agganciare il treno della ripresa? Se ne è discusso oggi a Palazzo Giustiniani a Roma in occasione dell’evento “Pubblica Amministrazione Digitale: come farla davvero?” organizzato da EY in collaborazione con Glocus. Ad aprire i lavori Linda Lanzillotta, vicepresidente del Senato e Presidente di Glocus e Dario Bergamo, EY Partner Government and Public Sector Leader.
Al centro del dibattito la presentazione da parte di Andrea D’Acunto, EY Partner Advisory Services, di un dossier realizzato da EY in collaborazione con Glocus che analizza gli aspetti della digitalizzazione della PA fornendo indicazioni sullo scenario europeo e il contesto di riferimento, con un focus specifico sulla situazione in Italia. L’analisi dimostra come la crescita economica e l’occupazione in Europa siano strettamente connesse alla revisione delle priorità digitali e ad un investimento nella creazione di nuove infrastrutture per i servizi pubblici digitali, per la diffusione della banda larga e per la realizzazione di una strategia industriale elettronica.
Emerge inoltre che, nonostante l’Ue sia in linea con il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale Europea, l’Italia rimane ancora in una posizione arretrata rispetto a tali obiettivi. In particolare il Desi (Indice dell’Economia e della Società Digitale definito dalla Commissione Europea), ossia un sistema di indicatori che analizza e quantifica l’utilizzo di internet e le competenze digitali dei cittadini e di imprese a livello europeo, colloca l’Italia al 25esimo posto tra tutti i Paesi.
L’analisi condotta da EY in collaborazione con Glocus ha rilevato come a distanza di 10 anni dall’approvazione del Cad (Codice dell’Amministrazione Digitale) e dai relativi provvedimenti attuativi, nonostante il quadro normativo italiano sia incentrato sulla diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione sia internamente alle PA, sia nei rapporti con cittadini e imprese, le azioni previste dallo stesso non siano ancora state portate a termine nella loro totalità. Dallo studio emerge la necessità di nuove riforme al Codice e il bisogno di un’attenzione crescente su tematiche di governance con la prospettiva di istituire una figura dirigenziale, con competenze tecnologiche e manageriali, che governi le attività di realizzazione dei progetti di digitalizzazione.
“Lo sviluppo di modelli di governance, basati sull’integrazione del digitale nella Pubblica amministrazione deve essere la strada da seguire per non perdere il treno della crescita – ha commentato Linda Lanzillotta – Purtroppo, il gap che esiste nei confronti dei partner europei è ampio in tutti gli ambiti esplicitati dalla Agenda Digitale Europea: dalla diffusione della banda larga, alla creazione di nuove infrastrutture per i servizi pubblici digitali, passando per il necessario sviluppo delle competenze digitali. Il lavoro da fare è ancora molto e il Governo con la riforma della Pa e con una nuova strategia sulla rete Ngn sta cercando di rendere le amministrazioni più efficienti, moderne e al servizio dei cittadini. Per questo è necessaria una road map precisa che abbia come primo punto la digitalizzazione, la riorganizzazione dei processi e, di conseguenza, delle strutture e degli uffici. La Pubblica amministrazione è un patrimonio per il Paese e il suo efficientamento costituisce una leva strategica per la nostra economia, per la lotta alla corruzione e per la qualità della vita dei cittadini”.
Serve una governance centralizzata, riconoscibile e che sia un forte commitment politico ai piani digitali, che indirizzi la PA nell’elaborazione delle soluzioni e incentivi un utilizzo più efficiente delle risorse, compreso il riuso delle soluzioni esistenti e una giusta allocazione tra Stato-Regioni. E il report disegna anche il nuovo modello basato sull’istituzione di una funzione di indirizzo al livello della Presidenza del Consiglio, con l’obiettivo di fornire le linee guida per le attività di digitalizzazione e la creazione un organo di coordinamento tecnico centrale interno all’Agid che governi in maniera integrata, dal punto di vista tecnico e procedurale, i processi di digitalizzazione e che risponda all’organo politico di governo. E in questo contesto è necessario – la figura è già prevista dal ddl Madia sulla riforma della PA – un manager per la transazione al digitale alle dirette dipendenze dell’organo politico, responsabile dell’ implementazione delle attività assegnate alle amministrazioni.
“Ottimizzare l’operato delle amministrazioni e avvicinare le PA ai cittadini e alle imprese è uno degli obiettivi dell’Esecutivo che in questi mesi si è adoperato con notevoli sforzi in questa direzione – ha spiegato Dario Bergamo – Le condizioni per realizzare un sistema digitale in grado di far dialogare le PA con il mondo delle imprese ormai sono state poste, ma è ancora necessario superare la frammentazione che esiste a livello di singola amministrazione quando si parla di sviluppo informatico e innovazione. E’ urgente definire una governance che sia unitaria e, in quanto tale, in grado di dar vita ad un mercato unico digitale senza il quale la crescita dell’Europa non potrà dirsi davvero sostenibile e inclusiva. A livello nazionale è importante creare un sistema integrato tra tutte le PA, conformando gli obiettivi e le attività di digitalizzazione al panorama internazionale per operare sinergicamente al raggiungimento degli obiettivi dall’Agenda Digitale Europea”.
Il report analizza anche la situzione sul fronte risorse. Secondo gli analisti di EY un’ adeguata governance delle iniziative di digitalizzazione della PA è uno dei capisaldi dell’Accordo di Partenariato Italia per l’utilizzo dei Fondi Sie nel periodo 2014 – 2020. L’analisi su cui si fonda ha individuato nella eccessiva frammentazione delle iniziative uno dei gap che ha impedito la maturazione di un contesto adeguato allo sviluppo.
“Integrando le risorse previste dal Fesr e Fsc con altre iniziative specifiche (Piano Junker, Sblocca Italia, etc.) si prevede un piano di investimenti pubblici di oltre 12 miliardi in sette anni (fonte AGID “Strategia per la crescita Digitale e la Banda Ultralarga, Marzo 2015) – si legge nel report – E’ fondamentale che queste risorse siano gestite in modo coordinato tra Governo Centrale e Regioni, evitando sprechi, sovrapposizioni e dispersioni. Anche in questo caso è necessario incrementare il livello di governance, eventualmente differenziando tra i temi di competenza statale (ambiente, scuola, infrastrutture…) che possono essere indirizzati centralmente ed i temi di competenza regionale (lavoro, formazione, sanità) per i quali si potrebbe prevedere una regia con obiettivi di coordinamento e focalizzazione degli investimenti.”. Per moltiplicare l’effetto delle risorse pubbliche è necessario promuovere anche la partecipazione dei privati.