Meno costi e più servizi per una Sanità a misura di cittadino. Il Rapporto Glocus “Sanità e Spending Review: organizzazione, trasparenza e digitalizzazione”, presentato oggi al Senato, sottolinea in particolare che la spesa sanitaria, cresciuta vertiginosamente negli ultimi quindici anni, e che ammonta al 9,2% del Pil, potrebbe diminuire nell’arco del prossimo quinquennio del 20%, pari a 21,8 miliardi di euro (da reinvestire in parte per l’ammodernamento del sistema sanitario) se si intervenisse su 5 aree.
La prima riguarda la revisione dei costi del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) con l’aggiornamento dei Drg (Diagnosis-related groups) secondo i quali vengono corrisposti i rimborsi per gli interventi alle strutture sanitarie, e del nomenclatore tariffario protesi e ausili fermo al 1999 che porterebbe ad un risparmio medio del 70% sulla spesa per la maggior parte di questi prodotti.
Vi è poi il capitolo sulla trasparenza e la lotta alla corruzione che varrebbe, secondo alcune stime, 23,6 miliardi di euro l’ anno essendo questo fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale con percentuali del 41% al Sud, 30% al Centro e 23% al Nord.
La terza linea d’azione riguarda l’investimento sulla digitalizzazione della Sanità che nell’ultimo biennio ha registrato un decremento del 5% con la spesa complessiva ferma a 1,17 miliardi di euro: in pratica appena 19,72 euro per abitante. Questo ha finito per rallentare la sanità digitale dove, ad esempio, il fascicolo sanitario elettronico (Fse) è attivo appena nel 43% delle Asl. Infine è necessario un management scelto nell’interesse dei cittadini e non secondo logiche di una mediazione politica e corporativa, con criteri e valutazioni basate sulla professionalità.
Queste linee di indirizzo impongono una riflessione sulla governance del sistema. “E’ ormai necessario – si legge nel documento – passare a metodologie che abbiano il carattere dell’oggettività e dell’appropriatezza tecnica, trasferendo una serie di competenze a un’Agenzia che garantisca trasparenza, comparazione concorrenziale tra pubblico e privato, monitoraggio e aggiornamento costante dei diversi prontuari, e conseguentemente uniformità di standard assistenziali sul territorio nazionale”.
“Su 200 miliardi di spese totali delle Regioni – ha spiegato Linda Lanzillotta, presidente di Glocus – 115 vanno alla Sanità, 72,5 sono destinati ad altre politiche (in particolare Istruzione, Formazione, Assistenza sociale, Trasporti, Territorio) e 12,5 sono assorbiti da spese di amministrazione. Escludendo la sanità, dunque, il costo del funzionamento degli apparati burocratici di 20 Regioni e 2 Province Autonome varrebbe circa il 17% della spesa gestita. Si impone, dunque, un ripensamento sul numero, sul ruolo e sul costo delle Regioni in una prospettiva di consolidamento dei conti pubblici e di inevitabile riduzione della spesa. Se non si vuole impoverire il nostro welfare questi sono ormai interrogativi ineludibili”.