IL CASO

Google, dubbi legali sul piano di Almunia

Dopo cinque anni di negoziati e un accordo fatto, si “riapre” il dossier sul possibile abuso di posizione dominante. Gli esperti antitrust segnalano “falle” giuridiche nella proposta accolta dal commissario

Pubblicato il 08 Ago 2014

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Joaquìn Almunia, lo spagnolo a capo dell’antitrust dell’Unione europea, ha sempre difeso ostinatamente l’accordo provvisorio con Google e l’Europa. Alla fine del mese scorso però, Almunia ha segnalato che è il caso di ridiscutere, per la quarta volta in un anno, i punti dell’accordo, rileva il Wall Street Journal. Il caso è quello delle accuse di possibile abuso di posizione dominante da parte del motore di ricerca di Mountain View, che detiene una quota del 90% del mercato. E’ da notare che il commissario dell’antitrust europea, ricorda il Journal, ha fatto capire che la spinosa questione verrà risolta una volta per tutte al rinnovo del suo mandato nel mese di ottobre. C’é qualcosa che però ha fatto cambiare idea ad Almunia, nonostante un’intesa trovata dopo cinque anni di negoziati. In qualche modo il capo dell’antitrust chiede di sedersi di nuovo ad un tavolo, e non si tratta solo delle continue pressioni, visto che alla fine era riuscito a spuntarla con un accordo storico con Google.

“Gli esperti di leggi antitrust – prosegue il Wall Street Journal – oltre ad una pressione politica implacabile, indicano dei nuovi dubbi sulla forza giuridica della proposta di regolamentazione di Google, da parte della Commissione europea”.

Secondo i termini dell’accordo, Google ha accettato di riservare maggiore spazio ai concorrenti nella parte superiore destra dei risultati di ricerca. La Commissione europea però, secondo una copia del documento visto da Journal, sostiene “che il traffico di ricerca a pagamento, non può essere considerato un sostituto del traffico di ricerca naturale” nella valutazione preliminare di marzo 2013.

Queste posizioni di maggiore rilievo su Google, inoltre, saranno assegnate in base ad un’asta, secondo l’accordo. Una questione che ha fatto muovere critiche dagli stessi gruppi di denunciati contro Google, perché “in questo modo si genererebbe un’altra formula di guadagno per il gigante di Mountain View”.

La valutazione è “piuttosto intransigente, molto di più di quello che ci aspettavamo” ha spiegato l’avvocato Stephen Kinsella che rappresenta Foundem, il sito di e commerce del Regno Unito da cui per primo era partita la denuncia contro Google. “Ma ci sono delle incongruenze fondamentali” ha aggiunto Thomas Vinje, che rappresenta un consorzio di denuncianti di Google.

Ecco allora che Almunia dovrà decidere e presto tra quattro opzioni. Chiudere il caso così com’è, sulla base di impegni attuali, con delle vulnerabilità in vista delle sfide legali oppure “modificare rapidamente l’agenda degli impegni”, commenta il Wall Street Journal. Ancora, può estendere il raggio d’azione dell’inchiesta e chiedere di applicare l’accordo anche a YouTube e Google Plus, cosa che prolungherebbe la questione per mesi. O emettere delle accuse formali contro Google, esponendolo ad una multa di miliardi di dollari.

“Oltre alle norme sulla concorrenza, ci sono altri aspetti del comportamento di Google che possono dare adito a timori”, aveva detto in precedenza Almunia. “L’ottimizzazione fiscale, la raccolta dei dati personali e l’uso della proprietà intellettuale altrui sono solo alcune delle questioni che dovrebbero essere esaminate dalle autorità pubbliche”.

Alcuni esperti ipotizzano che la commissione chiederà un rinvio all’ultimo minuto e formulerà la proposta di abbandonare l’idea dell’asta e sostituirla con un sistema in grado di promuovere i rivali senza ulteriori costi. Dato che la Technology & European Travel, stima che l’asta potrebbe generare un miliardo di euro di ricavi aggiuntivi annui per Google.

Di conseguenza, l’indagine dell’antitrust europea potrebbe concentrarsi con più attenzione sul sistema operativo Android per gli smartphone, che Almunia aveva già indicato come possibile caso per l’apertura formale di un fascicolo.

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