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Google, in Italia il business dell’advertising crolla quasi del 13%



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È quanto emerge dal bilancio 2023. Per il colosso americano buone notizie sul fronte Ue: la Corte di Giustizia annulla la multa da 1,5 miliardi inflitta dalla Commissione europea per abuso di posizione dominante attraverso la piattaforma pubblicitaria AdSense

Pubblicato il 18 set 2024



GoogleAI

Frena il business dell’adverting di Google Italy: nel 2023 la società ha registrato un calo del 12,6% rispetto al 2022, pari a 669 milioni. Migliorano invece i ricavi da attività di marketing a favore gi Google Ireland che si attestano a 74,9 milioni rispetto ai perecedenti 49,9. Per quanto riguarda invece il fatturato per attività R&S per Google Usa è salito a 12,5 milioni (prima erano 8,4%). Utili in cerscita a oltre 25 miloni a fronte dei 22 registrati nel 2022 e patrimonio netto a 122 milioni (97 milioni nell’anno precedente).

Ottime performance per Google Cloud Italy che chiude il 2023 con ricavi in forte crescita (+50%) pari a 319 milioni e profitti a 4,5 milioni.

La Corte Ue annulla la multa di Bruxelles

Intanto la Corte Ue, pur confermando la maggior parte delle conclusioni della Commissione europea, annulla la decisione con cui la Commissione ha imposto a Google una multa di quasi 1,5 miliardi di euro, adducendo tra l’altro che la sanzione non ha preso in considerazione tutte le circostanze rilevanti nella sua valutazione della durata delle clausole contrattuali che la Commissione aveva ritenuto abusive. Dal 2003, Google gestisce una piattaforma pubblicitaria denominata AdSense. Google ha sviluppato a tal proposito vari servizi, tra cui, in particolare, un servizio di intermediazione pubblicitaria online denominato AdSense for Search (‘AFS’). AFS consentiva agli editori di siti Web contenenti motori di ricerca integrati di visualizzare annunci pubblicitari collegati alle query online che gli utenti potevano inviare su tali siti Web. In tal modo, gli editori potevano ricevere una parte dei ricavi generati dalla visualizzazione di tali annunci. Per utilizzare Afs, gli editori che generavano un fatturato sufficiente potevano, tra l’altro, negoziare con Google un ‘Google Services Agreement’ (‘Gsa’). Tuttavia, i Gsacontenevano clausole che limitavano o proibivano la visualizzazione di annunci pubblicitari da servizi concorrenti di Afs. Nel 2010, un’impresa tedesca iniziale ha presentato un reclamo all’Ufficio federale tedesco per i cartelli, che è stato trasferito alla Commissione europea. Tra il 2011 e il 2017, altre imprese, tra cui Microsoft, Expedia e Deutsche Telekom, hanno presentato ulteriori reclami.(Segue).

L’indagine della Commissione Ue

Nel 2016, la Commissione ha avviato un procedimento relativo a tre clausole contenute nei Gsa (indicate nella sentenza come “clausola di esclusività”, “clausola di collocamento” e “clausola di autorizzazione preventiva”). Ha indicato che tali clausole potrebbero precludere i servizi concorrenti di Afs. Nel settembre 2016, Google ha rimosso o modificato tali clausole. Nel marzo 2019, la Commissione ha accertato che Google aveva commesso tre infrazioni distinte che costituivano, insieme, un’infrazione unica e continuata, da gennaio 2006 a settembre 2016. Ha imposto a Google un’ammenda di 1.494.459.000 di euro, di cui 130.135.475 euro in solido con la sua società madre Alphabet.

Con la sentenza odierna, il Tribunale, dopo aver confermato la maggior parte delle conclusioni della Commissione, conclude che tale istituzione ha commesso errori nella sua valutazione della durata delle clausole in questione, nonché del mercato da esse coperto nel 2016. Ne consegue che, secondo il Tribunale, la Commissione non ha dimostrato che le tre clausole che aveva individuato costituissero ciascuna un abuso di posizione dominante e costituissero insieme un’infrazione unica e continuata dell’articolo 102 Tfue. Il Tribunale annulla integralmente la decisione della Commissione.

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