Anche in Italia. Ad annunciare la strategia verde del motore di
ricerca il Country manager della filiale italiana, Stefano
Maruzzi che non esclude future partnership e addirittura
acquisizioni. "Stiamo scandagliando la situazione a livello
globale e stiamo facendo diversi investimenti per le energie
rinnovabili – annuncia Maruzzi -. Potrebbe succedere che Google
scelga l'Italia per investimenti di questa natura. C'è
tanto sole qui e il Paese si presta alla realizzazione di
iniziative sul fronte delle energie rinnovabili". Nessun
obiettivo preciso ancora, ma la caccia ai player è aperta.
La svolta verde di Google si lega alla '"fame" di
energia elettrica della società che possiede molti data center e
deve, quindi, sopportare costi energetici altissimi. Per fare
fronte a ciò, lo scorso marzo, BigG ha deciso di lastricare il
campus di MountainView, in California, di pannelli fotovoltaici
per sfruttare l'energia solare e ha inziato ad indirizzare
diversi investimenti sulla ricerca e su partnership con start-up
innovative tramite la costola filantropica dell'azienda,
Google.org. In Nord Dakota, invece, il motore di ricerca ha
investito 38,8 milioni di dollari per la costruzione di due
parchi eolici, sviluppati da NextEra Energy Resources, che in
totale producono 169,5 megawatt di potenza. "Abbastanza per
alimentare più di 55 mila case", precisano da Mountain
View.
Dall'altro capo del mondo, però, l'azienda sta facendo i
conti con il governo turco. Il ministro delle Comunicazioni
Binali Yildirim ha esortato Google a registrare il proprio nome
nelle liste dei contribuenti in Turchia, un passo “che potrebbe
accelerare la rimozione della messa al bando decretata un paio di
anni fa dalle autorità turche sul sito Youtube”, come ha detto
lo stesso ministro. Che aggiunge anche che “la compagnia
dovrebbe aprire un ufficio di rappresentanza in Turchia. Youtube
è un contribuente in 20 paesi e noi vogliamo che faccia lo
stesso anche in Turchia”. Come riferiscono oggi i giornali
turchi, il ministero delle Finanze turco ha presentato a Google
una richiesta di pagamento di 30 milioni di lire turche (15
milioni di euro) di tasse arretrate. Youtube è stato messo al
bando nel 2008 dopo che un tribunale ha deciso che alcuni filmati
(posti sul sito da utenti greci) erano offensivi per Mustafa
Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna.
La risposta della società non si è fatta attendere.
"Google rispetta le leggi fiscali in tutti i paesi in cui
opera – ha fatto sapere un portavoce -. In Turchia riportiamo
profitti che sono appropriati rispetto alle attività della
nostra sede locale".