Google è sfuggita in Gran Bretagna a una multa per la vicenda ribattezzata “Wi-Spy”, relativa all’utilizzo di dati personali da parte di Street View, la piattaforma-evoluzione di Google Maps che consente di esplorare le strade di una città attraverso fotografie panoramiche.
L’Information Commissioner’s Office (Ico), ente inglese per la protezione dei dati, ha accusato BigG di “errori di procedura e gravi mancanze nella fase di gestione” nella raccolta di dati personali come parte del servizio di Street View.
Ma, a differenza dei regolatori in Usa e in Francia, che avevano applicato sanzioni nei confronti di BigG per violazione della privacy, l’Ico ha detto di “non avere prove sufficienti” per dimostrare che l’azienda “aveva l’intenzione di raccogliere quei dati”.
Nel 2010 Google aveva ammesso che le automobili incaricate di scattare fotografie per il servizio di mappatura avevano raccolto informazioni private da reti wireless non protette, come indirizzi email, indirizzi di siti web e password relative a migliaia di persone.
Tuttavia oggi l’Ico, a conclusione dell’indagine, non ha applicato alcuna sanzione, che avrebbe potuto raggiungere le 500.000 sterline, e si è limitato ad ordinare al gruppo statunitense di cancellare i dati personali in suo possesso entro i prossimi 35 giorni.
Stephen Eckersley, a capo dell’Ico, ha commentato: “I primi giorni di Google Street View dovrebbero essere considerati un esempio di cosa può non funzionare se le company tecnologiche non capiscono il modo in cui i loro prodotti utilizzano le informazioni personali”.
Google ha fatto sapere che sta procedendo alla cancellazione dei dati in questione.
“Ci impegniamo molto per la privacy – ha commentato l’azienda – ma in questo caso non l’abbiamo fatto ed è per questo che in seguito abbiamo rivisto il nostro sistema. I responsabili del progetto non volevo in realtà quei dati e non li hanno mai usati né li hanno presi in considerazione”.
Lo scorso marzo, negli Usa, la vicenda si è chiusa con un patteggiamento da 7 milioni di dollari raggiunto da Google e dai procuratori generali dei 37 Stati Usa più il District of Columbia che avevano trascinato in tribunale il big dell’informatica.