Google ha commissionato una ricerca su come potrebbe entrare nell’industria dell’asset management, contribuendo a rafforzare i timori dei gestori di fondi tradizionali che la più grande Internet company del mondo possa fare il suo ingresso anche in questo settore e distruggere modelli di business consolidati.
Il Financial Times riporta che Google ha chiesto a una società dei servizi finanziari, nota per il contributo offerto a diverse grandi aziende a valutare o realizzare il loro ingresso in mercati completamente nuovi, di studiare le modalità con cui potrebbe entrare nel settore della gestione dei fondi nel giro dei prossimi due anni.
Google non ha ancora fatto nessuna mossa concreta, ma la sola idea che sia interessata alla gestione mette in allarme i gruppi attivi in questa industria, già alle prese con le difficoltà di tenere il passo con le evoluzioni della tecnologia.
Un top manager di una grande società americana di gestione ha detto al Ft ad aprile che il suo “più grande timore” è che Google possa decidere di entrare nel settore. E a una conferenza organizzata sempre dal Ft a Londra questo mese, Graham Kellen, capo della tecnologia di Schroders, una della maggiorin società di gestione europee, ha ribadito: “Questo è per noi un motivo di preoccupazione”.
La possibilità che aziende come Google o Facebook entrino nell’asset management è stata al centro del dibattito anche tra i top manager della divisione Wealth & Investment Management di Barclays e viene considerata come una “minaccia concreta”.
Google del resto ha da tempo dimostrato di voler essere molto più che un motore di ricerca. Ha per esempio una divisione venture capital che ha investito in oltre 189 aziende, da Uber a Kensho.
Google investe anche in attività finanziarie più convenzionali, come i titoli di Stato. Nel 2010 ha aperto in California una filiale finanziaria che si occupa di trading e di gestire al meglio le consistenti riserve di cash di Big G.
Tuttavia entrare da protagonista nel settore della gestione fondi non è così facile, fa notare Campbell Fleming, chief executive della società di gestione britannica Threadneedle. “Google troverà che il mercato del fund management è più difficile di quanto sembri. Ci sono forti barriere all’ingresso, non si entra certo dall’oggi al domani”, dice.
Catherine Tillotson, managing partner di Scorpio Partnership, una società di wealth management, concorda: la normativa stringente e le richieste degli investitori possono rappresentare un ostacolo. “Si tratta di entrare in un’industria fortemente regolata, e non si fa alla leggera”, dice. “Ovviamente Google può farlo se vuole, ma finora ha scelto di rimanere all’esterno. Esiste forse un sottoinsieme di investitori che si affiderebbe a Google, ma penso che la grande maggioranza degli investitori cerchi una relazione con un’entità capace di fornire informazioni di alto valore e qualità e vasta conoscenza del mercato ed è difficile che ci si rivolga a Google per questo”.
Tuttavia, nota Fleming, Google ha dalla sua un brand molto noto con cui potrebbe attrarre a comprare fondi gli investitori retail che finora i gruppi tradizionali del fund management non hanno saputo avvicinare.
Inoltre, uno studio di gennaio di PwC ha indicato che l’incapacità dei gestori di fondi di tenere il passo con l’evoluzione tecnologica creerà opportunità per aziende come Apple, Twitter e Amazon, che potrebbero riuscire a far breccia in questo mercato.
Ma i grandi gruppi di Internet che si allargano nella gestione fondi potrebbero offrire qualche opportunità anche agli attori incumbent, secondo David Stevenson, capo del business development di Baring Asset Management. “Google o Facebook potrebbero fare un sacco di soldi distribuendo i fondi di terzi. Questa è un’enorme opportunità”, sostiene Stevenson. “Comprerei un fondo di Google? No. Ma comprerei un fondo distribuito da Google? Assolutamente sì”.