Il motore di ricerca di Google è tutt’altro che statico. Dai tempi del primo algoritmo, lo storico “PageRank” che Larry Page e Sergei Brin crearono alla fine degli anni Novanta mentre lavoravano alla loro tesi di dottorato, è passata moltissima acqua sotto i ponti. Le tecnologie si sono moltiplicate, è entrato in campo anche il motore delle preferenze del singolo utente (basato su tracking e profilazione) nelle sue diverse versioni e insomma, in più di venti anni Google ci ha abituato che quello che viene venduto dal suo marketing come uno strumento “semplice” e sempre uguale, basato su un algoritmo segreto studiato 25 anni fa, dal punto di vista informatico è tutta un’altra cosa. Anzi, proprio l’opposto.
Lo conferma con il suo blog Richard Gingras, vicepresidente dell’azienda, che pochi giorni fa ha spiegato i cambiamenti che sono stati messi in piedi per rendere più efficienti e accurati (dal punto di vista di Google) i sistemi software del motore di ricerca.
Accanto allo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale nella forma di algoritmi di machine learning che prevedono l’addestramento di reti neurali operato da diecimila esperti specializzati in questo tipo di attività, c’è una sostanziale revisione dei criteri con i quali viene eseguita una ricerca.
A cambiare soprattutto il settore delle news, che non viene più percepito come un compartimento stagno separato per Google Search, ma fa parte dell’attività principale: «Google Search – scrive Gingras – è stato costruito per fornire a chiunque accesso alle informazioni sul web. E, con decine di migliaia di pagine web, centinaia di ore di video, miglialia di tweet e di articoli di giornale pubblicati ogni minuto di ogni giorno, il nostro lavoro è quello di muoverci in tutti questi contenuti e trovare i risultati che possano essere più di aiuto per l’utente possibile. Con le news in particolare, abbiamo sempre mirato a mostrare una pluralità di articoli e fonti per dare alle persone più contesto e spazio di comprensione di quel che succede possibile».
Il problema che Google ha affrontato è analizzare le fonti più diverse, cercare quai sono gli articoli più recenti e più rilevanti, organizzare quel che viene trovato anche sulla base dell’idea che tutto è costantemente in evoluzione e che ogni notizia ha un suo ciclo di vita che deve essere compreso e seguito.
Al centro dell’attività di Google ci sono le nuove linee guida di come Google opera che sono rilevanti per chi scrive notizie, dal momento che non avere articoli e pagine ottimizzate per il motore di ricerca di Mountain View significa sostanzialmente scomparire, dato che il 95% delle informazioni vengono trovate nelle ricerche o nelle condivisioni ad esempio sui social, e non sui portali di informazione.
Le linee guida di Google spiegano cosa sono le cose che l’azienda valuta di più quando effettua il ranking delle notizie e adesso permette a chi scrive di dare anche più feedback per poter consentire l’emersione di più contenuti originali.
Lo scopo complessivamente è quello di creare un sistema di valutazione basato sull’aiuto anche dei valutatori, l’esercito di diecimila persone in tutto il mondo la cui attività di indicazione dei valori e valutazione dell’importanza di una singola notizia e della sua edizione da questa o quella fonte, su questo o quel sito, costituisce il nodo con il quale addestrare le intelligenze artificiali.
È il modo cioè per far capire alla macchina quando una notizia viene scritta da un giornalista autorevole che magari ha vinto un Premio Pulitzer in passato, quando è uno scoop di un esordiente, quando è semplicemente un copia e incolla da altre fonti o magari quando è una fake news o una notizia fortemente manipolata.
Il risultato finale saranno, secondo Google, notizie più pensate e più calibrare nei risultati delle ricerche fatte su Google Search, ma anche una piccola rivoluzione nel mondo editoriale e di chi si occupa di ottimizzazione per far “trovare” i contenuti ai motori di ricerca, cioè alla fine a quello di Google.