Google giudica “erronee” le obiezioni sollevate dalla Commissione Europea, che accusa il gruppo di abuso di posizione dominante nella ricerca su internet. Lo rende noto Google dopo aver fatto pervenire le sue argomentazioni all’Antitrust Ue. “Pensiamo che le conclusioni preliminari della comunicazione delle obiezioni siano erronee, sia per quel che concerne i fatti, che per quel che riguarda i termini economici o giuridici” scrive il gruppo su un messaggio postato dal suo blog che sintetizza il documento inviato a Bruxelles.
Lo scorso 15 aprile la Commissione Europea ha inviato a Google una comunicazione degli addebiti (Statement of Objection) su presunte pratiche anti-concorrenziali relativamente al proprio servizio di acquisti comparativi: Google Shopping. L’azienda ha risposto a Bruxelles punto per punto con un documento di 150 pagine nel quale si confutano le accuse dalla Ue, evidenziando come Googel abbia sempre garantito opportunità di scelta per i consumatori europei e offra opportunità preziose a imprese di ogni dimensione.
Secondo la Commissione Europea BigG, mostrando gli annunci a pagamento dei commercianti (e, in passato, gruppi specializzati di risultati di ricerca organica), devii il traffico da altri servizi di shopping comparativo. Ma, spiega Kent Walker, Senior Vice President & General Counsel Google, “tale affermazione, non tiene in considerazione i significativi vantaggi per consumatori e inserzionisti e non indica una chiara base giuridica per collegare tali affermazioni alla soluzione proposta”.
“Abbiamo utilizzato analisi di traffico per replicare alle affermazioni secondo cui i nostri annunci e i nostri risultati organici specializzati avrebbero leso la concorrenza impedendo agli aggregatori di shopping di arrivare ai consumatori – puntualizza Walker – Dati economici rilevati su un arco temporale di oltre un decennio, ampia documentazione e le dichiarazioni dei ricorrenti confermano che il settore della ricerca di prodotti online è altamente competitivo. Nella nostra risposta dimostriamo che la comunicazione non è corretta perché non considera l’impatto di servizi di shopping online come Amazon ed eBay, che si sono ritagliati una fetta di traffico molto più grossa rispetto agli annunci di Google Shopping”.
Nell’ultimo decennio – si legge nella risposta della web company – Google ha indirizzato oltre 20 miliardi di clic gratuiti verso gli aggregatori di shopping, nei paesi interessati dalla comunicazione della Commissione, con un aumento del 227% del traffico organico (il traffico totale è aumentato ancora di più).
Ma l’argomento principale che Google porta riguarda la qualità. “La pertinenza e l’utilità dei nostri risultati di ricerca e degli annunci che mostriamo – puntualizza Walker – Nel fornire risultati a persone interessate allo shopping, sapevamo di dover andare oltre il modello dei “10 link in blu” per mantenerci al passo con aziende concorrenti e servire al meglio i nostri utenti e gli inserzionisti. Abbiamo sviluppato modi nuovi per organizzare e valutare le informazioni di prodotto e per presentarle agli utenti in formati utili nella ricerca e negli annunci. Come parte di questo sforzo, nel 2012 abbiamo introdotto gli annunci Google Shopping, un nuovo formato di annuncio, in aggiunta al formato tradizionale”.
Secondo BigG questo “format” non affatto anticoncorrenziale. Al contrario, mostrare annunci basandosi sui dati strutturati forniti dai commercianti migliora chiaramente la qualità degli annunci e rende più semplice per i consumatori trovare ciò che stanno cercando. “Mostriamo questi gruppi di annunci dove abbiamo sempre collocato gli annunci pubblicitari – ricorda ancora Walker – a destra e nella parte superiore della pagina, prima dei risultati di ricerca organici, e utilizziamo algoritmi speciali per massimizzare la loro rilevanza per gli utenti. I dati degli utenti e degli inserzionisti confermano l’apprezzamento per questi formati. Non si tratta di “favorire”, ma di dare ai nostri clienti e inserzionisti ciò che trovano più utile”.
La comunicazione della Commissione individua inoltre una soluzione – a detta dell’azienda – peculiare e problematica, chiedendo di mostrare annunci forniti e ordinati da altre aziende all’interno del nostro spazio pubblicitario. Una pratica che, però, danneggerebbe la qualità e la pertinenza dei risultati di ricerca. “In un rapporto allegato alla nostra risposta, Bo Vesterdorf, ex Presidente del Tribunale dell’Unione Europea, sottolinea perché tale obbligo sarebbe giustificato legalmente solo nel caso in cui un’azienda abbia un obbligo di fornitura di un servizio ai suoi concorrenti, intendendo con ciò che l’azienda controlla un servizio essenziale e non disponibile altrove (come l’erogazione di gas o elettricità) – prosegue Walker – Considerate però le diverse modalità con cui è possibile raggiungere i consumatori su Internet, la comunicazione della commissione non sostiene che tale situazione sia applicabile in questo caso”.
Google evidenzia, dunque, che il motore di ricerca è progettato per fornire i risultati più pertinenti e gli annunci più utili per ogni query. “Utenti e inserzionisti beneficiano di questo servizio, quando funziona bene- sottolinea Walker – E lo stesso vale per Google. È nel nostro interesse fornire risultati di alta qualità e annunci che conducano le persone a ciò che stanno cercando. Più pertinenti sono gli annunci, meglio collegano potenziali acquirenti a potenziali venditori, generando così più vantaggi per tutti”.
“Durante i quasi 17 anni di storia di Google, i nostri ingegneri hanno sviluppato approcci innovativi alla ricerca e agli annunci, vantaggiosi sia per gli utenti sia per gli inserzionisti – conclude – In questo video, i nostri ingegneri spiegano come si sono evoluti i nostri servizi per dare alle persone risultati e annunci migliori. Siamo orgogliosi del loro lavoro e felici di raccontare la loro storia”.