FISCO

Google Tax, Regno Unito all’attacco

Il governo stringe i tempi e cerca sponde internazionali per mettere fine all’elusione fiscale da parte delle net company Usa

Pubblicato il 04 Dic 2012

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Il governo del Regno Unito si sta muovendo a livello internazionale per ridisegnare il regime fiscale che consente a diverse net company Usa, Google e Amazon in testa, di eludere le tasse nazionali dichiarando i loro ricavi in paesi, come ad esempio l’Irlanda, dove l’imposizione fiscale è più favorevole per le multinazionali. Lo scrive il Sunday Telegraph, secondo cui il Tesoro sta cercando sponde in altre giurisdizioni, compresi gli Usa e l’Europa, per mettere una pezza legislativa alle crepe del sistema fiscale, che consentono alle web company di eludere – in maniera del tutto legale – tasse per milioni in tutto il mondo.

A breve, il governo nominerà un esperto di tasse, per avviare la revisione del regime fiscale e contrastare così la levata di scudi che si è alzata negli ultimi tempi nei confronti di Google & Co non soltanto nel Regno Unito, ma un po’ in tutta l’Europa. La nomina dell’esperto è attesa nei prossimi giorni, forse già per domani.

Negli ultimi tre anni Amazon Uk, la divisione britannica della net company Usa, ha pagato in tasse appena 2,3 milioni di sterline nel Regno Unito, a fronte di ricavi complessivi per 7,1 miliardi di sterline. Dal canto suo, Google nel 2011 a registrato ricavi per 2,5 miliardi di sterline in Uk, pagando appena 6 milioni di tasse baypassando così il sistema inglese, mossa perlatro condivisa da Facebook.

Il governo inglese sta cercando di raggiungere accordi bilaterali con diversi paradisi off shore, come ad esempio l’Isola di Man, le Isole Cayman e le Bermuda, dove le net company Usa effettuano gran parte delle triangolazioni finanziarie che consentono legalmente di eludere le tasse dei diversi paesi europei.

In Francia, il Consiglio di Stato sta studiando da tempo alternative al regime fiscale delle net company operative nel paese transalpino. L’obiettivo è mantenere entro i confini una percentuale di tasse più consistente sul business sviluppato in patria. Anche in Italia monta la protesta, come dimostra il recente appello del deputato Pd Stefano Graziano al monostro dell’Economia Vittorio Grilli per adottare misure normative nei riguardi delle aziende Usa che operano online che – come Google – e che, sfruttando ingegnerie finanziarie offerte dalle disparità dei sistemi fiscali europei, riescono a non pagare le tasse nel nostro Paese. Nei giorni scorsi, il ministro Grilli ha invitato pubblicamente Google a saldare una somma di 96 milioni di euro relativi all’Iva non pagata nel periodo 2002 – 2006.

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