Google verso il Congresso dopo lo stop alla biblioteca digitale

Mountain View medita di rivolgersi a Capitol Hill per protestare contro la sentenza del Tribunale che blocca la pubblicazione online di opere senza il via libera dell’autore

Pubblicato il 24 Mar 2011

Google valuta le alternative a sua disposizione dopo la bocciatura
dell'accordo con gli editori per la creazione della maggiore
biblioteca online al mondo. Fra le strade che Moutain View
considera c'è – riporta il New York Times – quella di
rivolgersi al Congresso e spingere per l'approvazione di una
legge che consenta ai libri 'orfani', (i testi sottoposti
al copyright ma di cui l'autore o il titolare dei diritti non
si trova), di essere pubblicati.

"Ci piacerebbe sederci insieme ai nostri partner e trovare una
rapida soluzione ma data la complessità del problema – dice Scott
Turow, presidente dell'Authors Guild – i Cubs potrebbe vincere
la World Series prima che questo si verifichi".

Il giudice Denny Chin ha bocciato l'accordo fra Google ed
editori, in base al quale Mountain View avrebbe dovuto pagare 125
milioni di dollari per pubblicare i libri e dividere i ricavi.
Editori e autori studiano le loro opzioni e non è escluso che si
orientino per continuare la causa avviata anni fa nei confronti di
Google, secondo la quale anche il modesto piano iniziale di
Mountain View per scannerizzare libri era illegale.

L'altra opzione che autori ed editori potrebbero cercare di
perseguire è quella di raggiungere un nuovo accordo con Google,
includendo la possibilità per ogni autore o titolare di copyright
di decidere se voler o meno pubblicare il proprio libro nella
libreria online. Google ritiene questa soluzione impraticabile,
secondo il New York Times, perché nei suoi servizi già offre la
possibilità agli editori di pubblicare e mostrare un numero
elevato di libri digitalizzati.

Un giudice federale di New York ha respinto l'accordo tra
Google, gli autori e gli editori che avrebbe permesso alla società
di creare la più grande biblioteca digitale al mondo. Stando alla
sentenza, l’intesa avrebbe permesso a Mountain View un
"monopolio de facto" e di utilizzare le opere violando
però quanto previsto dalla legislazione Usa in tema di diritto
d’autore. “L’accordo avrebbe concesso al motore di ricerca –
si legge nel testo – diritti significativi di utilizzo di interi
libri senza il permesso di chi ne detiene i diritti
d'autore" e di fatto avrebbe dato a Google un
"significativo vantaggio sui suoi competitor".

La decisione del giudice Danny Chin lascia comunque alle parti la
possibilità di presentare un nuovo accordo che, stavolta, assicuri
una maggiore tutela del copyright. La soluzione proposta dal
tribunale della Grande Mela è quella di consentire ai titolari di
diritti la possibilità di decidere se partecipare o meno
all’accordo fra Google e gli editori. “Chiedo alle parti di
rivedere l’intesa in questa direzione”, scrive Chin.

Google, da parte sua, si è detta “delusa” delle decisione.
“Come molti altri – osserva Hillary Ware, uno dei legali della
società – riteniamo l’accordo avesse il potenziale di offrire
l’accesso a milioni di libri che sono difficili da trovare negli
Stati Uniti oggi”.

L’accordo da 125 milioni di dollari raggiunto nel 2008 prevedeva
che Google pagasse per la creazione di un "repository"
nel quale autori ed editori potessero registrare i propri lavori e
venire pagati ogni volta che il testo fosse stato letto online. I
guadagni sarebbero stati ripartiti nella misura del 63% agli
editori e autori, il restante 37% a Google.

L'accordo risolveva la querelle del 2005 in cui autori e
editori internazionali avevano cercato di bloccare la
digitalizzazione dei libri da parte di Google accusandola di
violare il diritto d'autore.

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