La sfida tra maggioranza ed opposizione nella politica italiana, già dalle prossime amministrative, non è mai stata così diversa.
Non si confrontano soltanto due programmi e due visioni della società, ma soprattutto si sfidano due modelli di leadership ed organizzativi agli antipodi tra loro. Il Partito Democratico di Matteo Renzi incarna, forse come mai prima nella storia repubblicana, il partito dell’uomo solo al comando.
Un leader che decide prevalentemente dall’alto e ascoltando solo il cerchio ristrettissimo dei fedeli, tutti di estrazione toscana. Lavora, Renzi, in maniera accentrata, detta lui l’agenda, il tempo della comunicazione e delle priorità. E’ il Premier la sintesi del Pd e della sua credibilità politica, incarna la possibilità di votare e scegliere una “leadership forte” che tutto può garantire.
Completamente opposto il modello di leadership del M5S che toglie il nome del suo fondatore, Beppe Grillo, dal suo simbolo. Come ha ricordato in una recente intervista sul Corriere della Sera l’ideologo del movimento, Gianroberto Casaleggio: “Il leader del M5S è il M5S stesso, non sono importanti i nomi, ma i programmi e la partecipazione”.
Il partito che sfida Renzi per la guida del paese conferma il suo modello di movimento in rete e dove il leader è più un portabandiera, un primus inter pares.
Il Pd di Renzi governa top-down, il M5S bottom-up; nel Pd trionfa il giglio magico fatto di pochi fedelissimi che devono suggerire nell’orecchio del leader, nel M5S tutto è reso trasparente dal web; il Pd cerca il massimo di esposizione possibile sui media tradizionali per Renzi e i suoi più stretti collaboratori, mentre Grillo ed i suoi compaiono con il contagocce.
Renzi va in scena sempre in prima persona ed ovunque nei 100 teatri, mentre il M5S si affida all’organizzazione territoriale e registra un Grillo che parla sempre più dal blog e sempre meno dal caravan.
Due culture politiche diametralmente opposte hanno guadagnato la scena politica italiana contemporanea. Si sfideranno già la prossima primavera per le elezioni amministrative e saranno gli italiani a decidere il modello di leadership preferito. Certo, l’arroccamento campanilistico di Renzi, che nomina ai vertici dello stato e delle società quasi soltanto dei toscani, rischia di pagare un certo rigetto da parte degli italiani verso una forma di leadership troppo forte e forse poco vicina alle corde della democrazia del Belpaese.
“In Consiglio dei ministri sono l’unico che ha la forza di opporsi a Renzi e di far passare le sue idee”, mi spiega il ministro dell’interno, Angelino Alfano, confermando che la leadership del Premier conosce solo la relazione sindaco-assessore.