Il succedersi dei Governi, delle scelte dei nuovi presidenti del Consiglio, dei nuovi ministri e dei nuovi staff addetti alla comunicazione ha portato dal 2002 a una proliferazione di siti istituzionali, di cui una parte importante, circa un quarto, 64 su 241, sono oggi parcheggiati su un binario morto.
E’ quanto emerge dai dati dell’Agenzia per l’Italia digitale, analizzati sul Sole24ore. Dei 241 siti 154 sono domini web gov.it registrati all’Agid, mentre 87 sono portali raggiungibili dalle home page dei sititi istituzionali.
Tra le “new entry” e i siti rimasti in eredità dal passato, capita così che uno su quattro non offra alcun valore aggiunto di informazioni. A titolo di esempio il quotidiano cita i siti e i portali che si sono succeduti fin dal 2005, quando a Palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi, per la comunicazione sulle riforme. A iniziare da attuazioneprogramma.gov.it, che oggi non è più attivo, per passare da attuazione.gov.it, da programmazioneeconomica.gov.it e da programmagoverno.gov.it, poi riformeistituzionali.gov.it, riforme.gov.it, attuazioneriforme.gov.it: tutti domini che fanno capo a Palazzo Chigi e che oggi non sono più accessibili, mentre è attivo passodopopasso.italia.it lanciato dal Governo Renzi.
Le norme che regolano la registrazione di questi domini è abbastanza rigida, e prevede che ad autorizzare i domini.gov.it sia l’Agid, verificati il rispetto di alcuni requisiti base al di là dell’accessibilità per i disabili. “La vita di questi portali, però – dice al Sole24ore Emilio Simonetti, dirigente del servizio Web della Funzione pubblica – non è sottoposta a controlli molto efficaci”.
Simile la situazione per segnalare i problemi di accessibilità dei siti: se pubbliaccesso.gov.it risulta “in fase di aggiornamento”, e se accessibile.gov.it è inattivo, a ereditare la funzione è stato lo stesso stesso portale dell’Agid “ma con modalità complicate”, afferma Simonetti, tanto che nel 2014 le segnalazioni dei cittadini sarebbero state soltanto “poche decine”.
Ma al di là dell’accessibilità sono anche previste verifiche sulla trasparenza, fissate dal decreto Brunetta del 2013: “Questo decreto – spiega Simonetti – è intervenuto fortemente nell’architettura dei portali istituzionali con obblighi molto chiari: la pubblicazione sul web è diventata condizione di efficacia giuridica per alcuni provvedimenti prodotti dagli enti pubblici, come accade con la Gazzetta ufficiale”.