LA CRISI

Grecia, la stretta sui capitali si abbatte sulle startup

La crisi economica e finanziaria infligge un duro colpo al nascente ecosistema di aziende innovative. Molte hanno già lasciato il Paese e le altre faticano a trovare talenti per la grave fuga di cervelli

Pubblicato il 23 Lug 2015

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La crisi greca rischia di infliggere un duro colpo anche al settore delle start-up dell’It, che nel Paese cominciavano a svilupparsi e fiorire. L’incertezza politica e la stretta sui capitali che impedisce i flussi di pagamento da e per la Grecia hanno messo tanti imprenditori di fronte a dure scelte, come lasciare il Paese o chiudere la loro attività. Oppure cercare di resistere sperando in un cambiamento.

“Fino a pochi mesi fa la Grecia era un posto eccezionale per formare una start-up”, racconta sul Financial Times George Kollias, co-fondatore di Gigalize. “Ora è tutto più difficile, anzi impossibile, i controlli sul capitale sono un disastro”.

Kollias ha trovato un modo per sopravvivere al momento, perché la moglie è italiana e ha un conto con cui Kollias paga i servizi di Internet hosting e email di cui si serve la sua start-up, che permette agli appassionati di musica di ‘fare lobby’ perché i loro artisti preferiti tengano concerti nella loro città e offre una piattaforma ai musicisti per promuovere i loro tour.

Anche prima della recente esplosione dei problemi finanziari, la Grecia combatteva con un’economia che si è ristretta del 25% in cinque anni, iper-dipendente da turismo, attività portuali e agricoltura, e con scarse prospettive per i giovani con una formazione specialistica. Alcuni hanno dato vita a decine di start-up It – un modo di crearsi il lavoro da sé, di portare diversificazione nell’economia e di promuovere una nuova cultura di efficienza e modernità nel modo di fare business. E’ nato così un ecosistema imprenditoriale piccolo ma in espansione.

Ma gli ultimi sei mesi hanno messo a dura prova le start-up, con la temuta uscita dall’euro e infine il controllo sui capitali e la chiusura delle banche. “Molte persone hanno pensato: è il momento di darmi da fare da solo. Ma questo mese hanno cominciato a dubitare di potercela fare”, spiega Jan Versteeg, ambiasciatore olandese in Grecia che ha creato Orange Grove, incubatore di start-up ad Atene, all’interno degli uffici dell’ambasciata, che raccoglie 140 imprenditori e 50 start-up.

Al momento non ci sono dati su quante imprese greche si siano trasferite all’estero quest’anno, ma molte hanno scelto questa soluzione. “Abbiamo capito che avviare un’attività in Grecia sarebbe stato troppo difficile”, dichiara Greg Zontanos, che ha trasferito il suo servizio di spedizioni on-demand Weengs a Londra. “In Grecia mancano le infrastrutture di base, a partire dalla capacità di elaborare i pagamenti bancari. Quale altra scelta avevo?”.

Athina Pitta, fondatrice di Glossopolis, start-up che offre sconti in negozi e ristoranti ai turisti che imparano le parole base della lingua greca, si trova davanti a un dilemma simile: “Io vorrei restare e aiutare il Paese, ma mi sembra di non poter fare altro che partire”, dichiara, sottolineando ancora i problemi creati dal blocco dei capitali.

“La crisi da un lato è servita a ‘svegliare’ i giovani imprenditori greci”, ma ora l’aggravarsi della situazione e l’incertezza sulla sua durata rischiano di allontanare molti dei più capaci e ambiziosi, osserva Panos Papadopoulos, imprenditore greco di successo divenuto seed investor a San Francisco. “Uno dei maggiori problemi per le start-up greche è che i talenti migliori su cui vogliono appoggiarsi per crescere se ne sono andati, la fuga di cervelli è enorme”, rivela Papadopoulos.

“L’ecosistema di start-up è troppo piccolo per dare un reale aiuto alla Grecia adesso, abbiamo bisogno di tempo, di aiuto”, conclude Kollias. “E abbiamo bisogno che il governo non ci intralci ma ci lasci fare il nostro lavoro”.

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