Entra in vigore oggi il certificato verde digitale dell’Ue che punta ad agevolare la libera circolazione sicura dei cittadini nell’Unione durante la pandemia del Covid-19. Qui la guida di CorCom su come fare per ottenerlo e a cosa serve.
Il certificato, che ha valore ufficiale e potrà essere esibito dai viaggiatori in formato digitale o cartaceo tramite un codice QR, può essere ottenuto da tutti i cittadini europei vaccinati contro il Covid, da coloro che abbiano effettuato un test risultato negativo nelle ultime 48 ore e dalle persone che hanno già contratto il virus e ne sono guarite.
Le autorità nazionali sono competenti per il rilascio dei certificati, ma gli Stati membri hanno concordato un modello comune che può essere utilizzato per le versioni sia elettroniche che cartacee al fine di facilitarne il riconoscimento.
Da oggi il certificato digitale dell’Ue viene accettato quindi in tutti gli Stati membri dell’Ue e punta a far sì che le restrizioni ancora in vigore possano essere revocate in modo coordinato. Gli Stati membri sono tenuti ad accettare i certificati di vaccinazione per i vaccini che hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio nell’Ue.
Gli Stati membri possono tuttavia decidere di estendere questa possibilità anche ai viaggiatori dell’Ue che hanno ricevuto un altro vaccino. Secondo le regole disposte dall’Ue, spetta inoltre agli Stati membri decidere se accettare un certificato di vaccinazione dopo una dose o dopo il completamento dell’intero ciclo di vaccinazione.
I nodi da sciogliere
L’entrata in vigore però non ha sciolto alcuni nodi tra cui quello dei vaccinati fuori all’estero. Due i casi: chi da cittadino italiano ha avuto la prima dose in un Paese extra Ue per motivi di lavoro o di studi e ora vuole il Pass italiano e chi ha fatto la prima dose all’estero, Europa compresa, e vuole proseguire il ciclo vaccinale in Italia con la seconda dose. Secondo il Dpcm del 17 giugno per le persone che si trovano nei due casi descritti sarebbe necessario farsi convalidare i certificati vaccinali dagli Usmaf italiani, gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, oppure dalla rappresentanza diplomatica italiana presente nel Paese in cui hanno ricevuto il vaccino. L’iter sarebbe dunque stabilito se non fosse che, al momento, non sembra essere partito alcun sistema di convalida e che nessuno dei vaccinati all’estero abbia ricevuto indicazioni precise su come poter ottenere il pass.
In Italia Green Pass solo dopo la seconda dose?
La diffusione crescente della variante Delta anche in Italia potrebbe influire direttamente sui criteri per il rilascio del green pass, il passaporto vaccinale digitale (Qui la guida di CorCom su cos’è e come ottenerlo) che consente alle persone di muoversi liberamente tra le Regioni e che per il territorio dell’unione europea entrerà in vigore da domani. L’allarme viene dalla variante del Covid-19 che si sta diffondendo rapidamente nelle ultime settimane e che ha causato una forte crescita dei contagi nel Regno Unito: si tratta di una variante più contagiosa delle altre, contro la quale si dimostra efficace la barriera della doppia dose di vaccino, ma non quella della prima dose.
A sollevare la questione è stato nei giorni scorsi il sottosegretario alla salute Pierpaolo Sileri: “E’ verosimile che la variante Delta ci costringerà a rimodulare il Green pass, rilasciandolo dopo la s0conda dose di vaccino: ma è presto per dirlo, aspettiamo ancora i dati di una o due settimane – aveva detto nei giorni scorsi parlando a Radio24 – La scelta di rilasciare il Green pass dopo la prima dose non è stato un errore, allora i dati ci dicevano questo – aveva sottolineato – Al momento una modifica non serve ma va messa in cantiere: da medico e non da politico, dico che probabilmente si arriverà ad una rimodulazione”.
La rimodulazione dovrebbe in ogni caso riguardare soltanto i criteri nazionali per il rilascio del passaporto vaccinale digitale, dal momento che quello europeo prevede già che possa essere rilasciato dopo la seconda dose, lasciando però una qualche libertà di movimento ai singoli stati.
La posizione del sottosegretario Sileri è poi stata “sposata” da diversi addetti ai lavori ed esponenti del mondo scientifico, come Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e primario al policlinico Tor Vergata: “Sappiamo che la protezione di una dose di AstraZeneca contro la variante Delta è del 33%. Dare un green pass a chi ha una copertura di un terzo sinceramente mi sembra tecnicamente non è condivisibile. E infatti l’Europa consegna quel documento dopo la seconda”.
A favore del rilascio del green pass dopo la seconda dose del vaccino è anche Alberto Mantovani, immunologo e direttore scientifico dell’Humanitas di Milano, contario al fatto che il Green pass venga dato dopo una sola dose di vaccino: “se il problema è la variante Delta va dato dopo due dosi e ai guariti con una dose”, afferma