NETCOMM

Gruppi di acquisto, in Italia volume d’affari a quota 250 mln

Netcomm: comparto in forte crescita nonostante la crisi economica. Il consorzio è a lavoro con associazioni di consumatori ed esercenti per varare un codice di autoregolamentazione

Pubblicato il 07 Feb 2012

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250 milioni di euro. A tanto ammonta – secondo le stime di Netcomm – Consorzio del Commercio Elettronico Italiano – il fatturato del comparto dei gruppi d’acquisto che Italia impiega oltre 1.000 persone e offrono un accesso al web a oltre 20.000 esercenti.
Dal monitoraggio mensile dell’indice di soddisfazione dell’eCommerce italiano che il consorzio conduce con Human Highway, risulta che a gennaio 2012 i compratori online hanno sfiorato la soglia dei 10 milioni (9,8) e che negli ultimi tre mesi hanno effettuato oltre 33 milioni di atti d’acquisto con un indicatore medio di soddisfazione superiore a 8 (in una scala da 1 a 10). Il canale dei gruppi di acquisto si conferma dunque quello con il maggiore indice di soddisfazione rispetto a tutti gli altri. Secondo Netcomm, dunque, il mercato si sta dimostrando come uno dei pochi anticiclici e in fase di forte espansione, nonostante alcuni problemi riscontrati da consumatori ed esercenti e per risolvere i quali, lo stesso consorzio si è messo all’opera

“Stiamo lavorando in stretta collaborazione con le associazioni dei consumatori e con le Istituzioni per verificare i problemi che alcuni consumatori stanno rilevando nel settore dei gruppi d’acquisto – spiega Roberto Liscia, presidente di Netcomm – Si tratta di un fenomeno che ha avuto una crescita esplosiva a livello mondiale e che stiamo monitorando con particolare attenzione proprio perché ha portato un nuovo approccio e a un nuovo modello di business, avvicinando al web molte aziende o esercenti che prima non avevano uno sbocco digitale e motivando moltissimi nuovi clienti al primo acquisto online. Questo non significa che non si prendano in seria considerazione i problemi e, infatti, da alcuni mesi stiamo lavorando a un codice di autoregolamentazione per questo e per altri più tradizionali ambiti del commercio elettronico. Siamo infatti convinti che sia proprio la qualità del settore l’elemento che ha consentito e che consentirà sempre più di raggiungere fasce crescenti della popolazione italiana. Si consideri infatti che in Italia gli ultimi dati rilevano per l’e-commerce un volume di business di 9 miliardi di euro. Ma su 60 milioni di italiani solo 25 vanno sul web e 10 vi fanno acquisti: il 17% della popolazione, contro il 42% della media europea. Il margine di crescita come volano fondamentale per la nostra economia è quindi più che evidente. In un contesto di crisi globale l’eCommerce non è più un’opportunità ma diventa quasi una responsabilità per le imprese italiane che vogliano seriamente competere sui mercati internazionali. Il Governo Monti punta su crescita e sviluppo. Sarebbe quindi grave non considerare le enormi potenzialità che offre ai consumatori, in termini di controllo della spesa – azione forse più dirompente delle stesse liberalizzazioni – e alle stesse aziende, in termini di possibilità di accesso ai mercati globali. I problemi vanno affrontati seriamente e risolti ma è importante evitare che si agisca senza considerare attentamente tutti gli aspetti della questione o senza avere ben chiaro in mente un concetto fondamentale. Ovvero che l’eCommerce è da sempre un fortissimo alleato dei consumatori, non un nemico”.

A oggi gli utenti europei online sono oltre 150 milioni, poco meno di 10 milioni solo in Italia. Il loro aumento costante in tutta Europa è favorito da un servizio sempre più efficiente e da una convenienza che non riguarda soltanto l’aspetto economico ma che coinvolge anche – e soprattutto – aspetti come comodità, sostenibilità e qualità del servizio. Il settore del commercio elettronico, inoltre, cresce con continuità da oltre un decennio, generando non solo una incremento costante di posti di lavoro ma favorendo anche l’iniziativa imprenditoriale con la creazione di nuove imprese e contrastando gli effetti di una crisi che, al contrario, genera sacche crescenti di disoccupazione.

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