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Hate speech, la Ue richiama Facebook&co: “Dove sono gli interventi?”

Secondo un rapporto della Commissione europea solo il 40% delle web company interviene entro 24 ore per rimuovere contenuti violenti. YouTube la migliore, Twitter fanalino di coda. Il commissario Jourová: “Le aziende si prendano le loro responsabilità, più impegno nei prossimi mesi”

Pubblicato il 05 Dic 2016

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I social network non stanno facendo abbastanza per combattere l’hate speech. È quanto emerge da un rapporto elaborato dalla Commissione europea per volere di Věra Jourová, commissaria Ue alla Giustizia, che da tempo sta portando avanti una battaglio contro la diffusione social dell’odio. Secondo i risultati dell’analisi condotta da Bruxelles, che sarà discussa dalla Commissione giovedì ed è stata anticipata dal Financial Times, solo il 40% delle compagnie rimuove entro 24 ore i contenuti odiosi diffusi in Rete. Una percentuale che secondo Jourová non basta a contrastare un fenomeno di dimensioni crescenti. Ad aziende come Facebook, Google e Twitter, che recentemente hanno firmato un codice di intervento anti-odio promosso da Bruxelles, è arrivato dall’Europa un avvertimento a mettere in campo iniziative più decise, perché quanto fatto finora non basta.

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Se Facebook, YouTube, Twitter e Microsoft vogliono convincerci che l’approccio non legislativo può funzionare, dovranno agire in fretta e fare un grande sforzo nei prossimi mesi – ha detto al Financial Times il commissario Jourová – I social media devono prendersi la propria parte di responsabilità quando si tratta di fenomeni come la radicalizzazione online, espressioni di odio illegale o notizie false”.

L’hate speech ha preso piede soprattutto dopo l’ondata migratoria verso l’Europa e gli attentati terroristici a Parigi e Bruxelles, ma “le aziende impiegano ancora troppo tempo a rimuovere i contenuti odiosi”, ha spiegato un funzionario della Commissione alla Reuters. Il fatto che la percentuale di pronto intervento individuata dal rapporto salga all’80% delle compagnie se si contano le 48 ore dalla diffusione, ha aggiunto il portavoce Ue, “dimostra che l’obiettivo può realisticamente essere raggiunto, ma avrà bisogno di sforzi molto più forti da parte delle aziende IT”. Il rapporto della Commissione ha incoronato Youtube, che garantisce oggi il tempo di reazione minore, mentre ha indicato in Twitter la compagnia lumaca, ossia la più lenta ad intervenire.

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