“Sono convinto che gli strumenti della repressione penale devono adeguarsi al cambiamento. Da ministro l’ho indicato alla Scuola della magistratura come uno degli obiettivi. Se vogliamo fare progressi, però, bisogna dire quali sono i limiti che la giustizia incontra sulla rete”. Lo afferma in un intervento sul Corriere della Sera Andrea Orlando, ministro della giustizia, intervenendo nel dibattito sollevato nei giorni scorsi dalla presidente della Camera Laura Boldrini, che aveva annunciato la sua intenzione di denunciare le persone che le rivolgono insulti tramite i social network. “Bene ha fatto la Boldrini a denunciare gli odiatori”, sottolinea il guardasigilli.
“La conclusione di un processo, anche in Paesi con tempi più celeri dei nostri – prosegue Orlando a prooposito dell’hate speech – giunge, per assicurare le necessarie garanzie, quando gli effetti dei contenuti si sono già diffusi in rete in modo virale. I reati che più spesso vengono commessi online sono a querela di parte. Cioè, bisogna che il soggetto interessato sappia di aver subito un danno. Non sempre è così. E non si può pensare, per l’immenso numero dei contenuti potenzialmente offensivi, che il pm possa procedere d’ufficio. Inoltre, sulla rete esistono spesso problemi di competenza territoriale per la natura transazionale del web e l’incertezza delle identità. Questo non ci esonera dal dare nuovi strumenti alla giustizia, ma ci spinge verso altre strade”.
Per questo, prosegue Orlando, “la Commissione Ue ha stipulato, su impulso nostro e della Germania, un accordo per la rimozione dei contenuti e l’eliminazione dei profili. E ciò significa affermare la responsabilizzazione dei gestori della rete, che non sono solo dei veicoli e devono assumere il controllo di ciò che mettono in circolazione. Ad integrazione e non in sostituzione della giustizia”.
“Peraltro – conclude il ministro – nessun patto sociale si regge solo sulla paura delle sanzioni. I comportamenti, non sono solo determinati dai codici, sono la conseguenza del senso comune e del sistema di convenienze che connotano la società. E queste, a loro volta, sono il frutto di azioni sociali, politiche e culturali. Se è vero che la rete riflette ed è parte della realtà, allora non sfugge a questo dato”.