Un provvedimento discriminatorio e restrittivo della libertà di iniziativa economica. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato accoglie le istanze degli Home Restaurant e dei Bed and Breakfast italiani, e invia un parere al Senato, alla Camera e ai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Economia, stigmatizzando uno per uno i limiti e le restrizioni imposti dalla Legge all’attività di Home Restaurant ritenendoli ingiustificati, sproporzionati, discriminatori e restrittivi della libera iniziativa, e auspica che tali rilievi siano tenuti in considerazione in occasione del prosieguo dell’iter legislativo del ddl.
“Del tutto ingiustificata appare la quantificazione normativa del numero massimo di coperti che possono essere allestiti e del reddito annuo che l’attività in esame può generare – si legge nel parere – Tali previsioni si pongono piuttosto in palese contrasto, oltre che con i principi di liberalizzazione previsti dalla normativa italiana, anche con il dettato costituzionale di libera iniziativa economica e di tutela della concorrenza”.
“Abbiamo accolto con estrema soddisfazione le considerazioni sottoscritte dal Presidente Giovanni Pitruzzella dell’Agcm – dice Giambattista Scivoletto, fondatore di www.bed-and-breakfast.it – e il fatto di trovarci d’accordo con con una così autorevole fonte di giudizio ci rassicura sul buon senso della nostra protesta e ci dà forza per continuare la nostra battaglia per il corretto sviluppo dell’Home Restaurant in Italia”.
Soddisfatto anche Gaetano Campolo Ceo e Founder di Home restaurant Hotel.
Il provvedimento prevede, tra l’altro, che le piattaforme tecnologiche debbano registrare l’attività di home restaurant in un apposito registro elettronico almeno trenta minuti prima della fruizione del servizio. Inoltre, l’attività di home restaurant non può superare il limite di 500 coperti per anno solare, né generare proventi superiori a 5mila euro annui.
Il testo specifica che le disposizioni della legge “non si applicano alle attività svolte in ambito privato o comunque da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, che costituiscono attività libere e non soggette a procedura amministrativa”.
Secondo un’indagine del Centro studi turistici realizzato per Confesercenti, in Italia il fenomeno della ristorazione nelle abitazioni private, nel 2014, contava già 7.000 cuochi in attività, con circa 37.000 eventi realizzati e un incasso medio di 198 euro. Il fatturato era stato calcolato in 7,2 milioni di euro, con una tendenza alla crescita.
Da parte dei sostenitori degli home restaurant si sottolinea che se si confronta il fatturato di questo settore emergente con quello della ristorazione, che nel 2015 è stato di 76 miliardi di euro, ci si accorge che è pari a un decimillesimo. Ciò significa che per ogni 10.000 euro di reddito di un ristorante, l’home restaurant ne sottrae uno.
Ciò nonostante, secondo un sondaggio della società SWG per Confesercenti, l’83% dei ristoratori intervistati è a conoscenza del fenomeno e di questi l’80% la giudica una forma di concorrenza sleale. Il 92% ritiene che il fenomeno debba essere normato. In termini di impatto economico, il 62%% dei ristoratori afferma che gli home restaurant sottraggono loro fino al 5% del fatturato.