“Se l’Europa avesse un proprio ecosistema mobile, Huawei lo userebbe”. Lo ha dichiarato William Xu, top manager dell’azienda cinese, in un’intervista con la testata tedesca Handelsblatt. Huawei ne sta già discutendo con le aziende europee e Xu si aspetta “che avremo chiarito i dettagli entro la fine di questo o all’inizio del prossimo anno”.
Huawei presenterà nelle prossime settimane il nuovo smartphone Mate 30 che, a causa del blocco commerciale degli Stati Uniti, potrebbe arrivare sul mercato senza le app di Google preinstallate. Per l’azienda cinese non è un problema: Xu ha indicato che Huawei è una società autosufficiente, ha modificato la sua catena logistica e può fare a meno delle componenti statunitensi. Xu anche detto che Huawei non vuole essere coinvolta in un conflitto politico e che desidera rimanere fuori dai negoziati commerciali tra Usa e Cina: “Non dipendiamo dal mercato americano. Se siamo esclusi, ciò non mette in pericolo il futuro di Huawei”.
Huawei è tuttavia pronta ad accettare di dover convivere con la pressione degli Stati Uniti per molto tempo a venire. E ciò non impedirà all’azienda di crescere, ha detto Xu. Aggiungendo: “Gli stati dell’Ue parlano da anni della sovranità digitale. Allora perché non costruire il proprio ecosistema per dispositivi intelligenti? Se l’Europa avesse un proprio ecosistema per dispositivi intelligenti, Huawei lo userebbe. L’ecosistema dovrebbe anche essere aperto alle applicazioni statunitensi”, come Android Os e a Hongmeng, il nuovo Os proprietario di Huawei, entrambi open source. “Ciò risolverebbe il problema della sovranità digitale europea”.
Xu ha anche replicato in merito alle tecnologie Huawei per le comunicazioni mobili 5G: è sicura? “Gli operatori di rete europei costruiscono, gestiscono e controllano le proprie reti 5G. Una volta che la rete è attiva, la responsabilità della sicurezza incombe sugli operatori e non su di noi come fornitore”, ha risposto Xu. “Le auto sono sicure? La responsabilità non è solo dei produttori. Anche i conducenti, le strade, l’ambiente e il controllo del traffico hanno un impatto. Questo è lo stesso con la sicurezza del 5G”. Xu ha ricordato che il fondatore di Huawei Ren Zhengfei ha sottolineato che non ci sono backdoor nelle apparecchiature di rete dell’azienda. “Nel Regno Unito, il codice sorgente dei nostri prodotti è stato oggetto di indagine per molti anni e non è mai stata trovata alcuna prova di backdoor”.
In un’intervista separata con la testata americana Cnbc.com, Xu ha detto che Huawei ha totalizzato oltre 50 contratti commerciali 5G in tutto il mondo e ha distribuito oltre 200.000 stazioni base per le comunicazioni di quinta generazione. “I prodotti 5G di Huawei sono l’avanguardia mondiale, col più alto livello di maturità in temini di commercializzazione”, ha detto Xu.
L’Europa è diventata il terreno di scontro decisivo per il caso Huawei: ieri gli Stati Uniti hanno firmato un accordo con la Polonia in cui le due parti si impegnano a vagliare più severamente i fornitori di apparati di rete Tlc per capire se siano soggetti al controllo di un governo straniero. Huawei non è menzionata ma è chiaro che le accuse di cyber-spionaggio al vendor cinese sono state accolte da Varsavia.
Negli Stati Uniti sono in corso nuove indagini nei confronti di Huawei, accusata di furto di proprietà intellettuale, secondo indiscrezioni del Wall Street Journal. Tra i capi di accusa c’è il presunto furto di una tecnologia per le fotocamere degli smartphone di proprietà della società portoghese Rui Oliveira. Nell’accusa rientra anche il caso del programma di bonus per i dipendenti Huawei che verrebbero incentivati a raccogliere informazioni dai concorrenti. Huawei ha negato in una nota di aver rubato la tecnologia di Rui Oliveira e sottolineato il suo rispetto per la proprietà intellettuale. Il vendor ha controattaccato accusando gli Stati Uniti di usare ogni mezzo a disposizione per fermare la sua attività, inclusi attacchi informatici e “minacce” ai dipendenti da parte delle forze dell’ordine.