Huawei sarebbe in procinto di vendere la propria divisione di smartphone di fascia economica Honor a un consorzio guidato dal distributore di telefoni Digital China e dall’amministrazione di Shenzhen. L’accordo avrebbe un valore di 100 miliardi di yuan (15,2 miliardi di dollari). A confermare un’indiscrezione che circola da tempo è Reuters, che cita persone a conoscenza dei fatti.
Il piano arriva quando le restrizioni statunitensi sulle forniture di Huawei costringono il secondo produttore di smartphone al mondo – dopo Samsung Electronics – a concentrarsi su telefoni di fascia alta e al business rivolto al mondo delle imprese, sostengono le fonti. La decisione denota poche aspettative per un rapido cambiamento nella percezione degli Stati Uniti di Huawei come rischio per la sicurezza, nonostante la sconfitta elettorale di Donald Trump.
I dettagli dell’operazione
La vendita, in contanti, dovrebbe includere quasi tutte le risorse di Honor, tra cui il marchio, gli asset relativi alle attività di ricerca e sviluppo e la gestione della catena di fornitura. Huawei potrebbe annunciare ufficialmente la decisione già domenica, ha detto una delle fonti. Come accennato, il principale distributore di Honor, Digital China, diventerà uno dei due azionisti di riferimento dell’entità venduta con una quota di quasi il 15%. Digital China, che collabora anche con Huawei in altre attività, a partire dal cloud computing, prevede di finanziare la maggior parte dell’accordo con prestiti bancari, hanno detto le due persone. Ad esso si uniranno almeno tre società di investimento sostenute dal governo del polo finanziario e tecnologico di Shenzhen, ciascuna delle quali possiede dal 10% al 15%, precisano le fonti di Reuters. Dopo la vendita, Honor intende mantenere la maggior parte del suo team di gestione e oltre 7.000 dipendenti, con l’obiettivo di diventare pubblica entro tre anni. Il disimpegno da parte di Huawei implicherà che Honor non sarà più soggetto alle sanzioni statunitensi, hanno commentato gli analisti interpellati da Reuters, mentre nessuna dichiarazione, seppur sollecitata, è arrivata dai diretti interessati: Honor, Huawei, Digital China e il governo di Shenzhen.