Non esiste nessuna prova che Huawei abbia “spiato”: lo sostiene la Casa Bianca in una revisione del report pubblicato l’8 ottobre scorso dal Congresso Usa che accusava i due colossi tecnologici cinesi di costituire una minaccia per la sicurezza nazionale e rappresentare una potenziale fonte di spionaggio industriale ai danni delle telecomunicazioni statunitensi.
Sempre secondo la revisione, riportata in esclusiva dall’agenzia internazionale Reuters, la Casa Bianca ha però riscontrato che gli apparati dell’azienda cinese sono vulnerabili e “infestati di buchi”, ovvero suscettibili di attacchi da parte degli hackers.
La Reuters riporta inoltre il commento di uno dei compilatori del rapporto del Congresso Usa che ha preferito mantenere l’anonimato: “Sapevamo che certi settori del governo volevano fortemente le prove di attività di spionaggio e le avremmo trovate se fossero state lì”.
Moderatamente soddisfatta la reazione del principale accusato. Un portavoce di Huawei, pur precisando di non essere a conoscenza della revisione da parte della Casa Bianca, si è detto per niente sorpreso che non ci sia alcuna prova delle sue ipotetiche attività di spionaggio. Anche Zte, l’altro gigante della tecnologia al centro delle indagini del Congresso statunitense, è tornato a ribadire la sicurezza e la legalità dei propri apparati e delle proprie attività.
Come rileva la stessa Reuters, restano alcuni interrogativi ancora senza risposta: per esempio non è chiaro se le vulnerabilità nella sicurezza riscontrata negli apparati di Huawei sia deliberata, ovvero usata strumentalmente dalla stessa company ai fini di spionaggio.
Nonostante il pronunciamento della Casa Bianca, ai vertici Usa permane lo scetticismo. “La Cina ha i mezzi, le opportunità e le motivazioni per usare le telecomunicazioni per scopi illegali” ha detto Dutch Ruppersberger, dell’House Intelligence Committee, facendo intendere che, anche se Huawei non è stata colta sul fatto, ci sono sufficienti ragioni perché il governo Usa eviti di farci affari.
Già dopo l’uscita del rapporto, Huawei l’aveva definito “ingiusto e inaccurato”, Zte aveva ribadito il pieno rispetto delle regole e il ministro del Commercio cinese aveva bollato le accuse come “immotivate”.