LA STRATEGIA

Mossa a sorpresa di Huawei: pronta a vendere i brevetti sul 5G

Il Ceo Ren Zhengfei punta a smontare le preoccupazioni sulla sicurezza: codice sorgente e modalità di implementazione della tecnologia saranno a disposizione delle aziende occidentali: “Gli utenti saranno liberi di fare cambiamenti”

Pubblicato il 13 Set 2019

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È stata definita come “un’offerta straordinaria”, capace di aiutare le aziende di altri Paesi a competere in un settore complesso e altamente tecnologico come quello della telefonia mobile 5G.

L’offerta arriva dal Ceo di Huawei, Ren Zhengfei, propone di vendere il know-how (codice e modalità di implementazione) delle tecnologie 5G alle aziende occidentali come modo per dimostrare che le preoccupazioni di sicurezza paventate dagli Usa e da altri soggetti non hanno senso di esistere. “E gli utenti – aggiunge il numero uno di Huawei – saranno liberi di guardare il codice del software e fare cambiamenti”. In questo modo sarà possibile rimediare i possibili problemi ed eventuali falle di sicurezza del software senza che sia necessario coinvolgere direttamente Huawei.

L’azienda cinese ha negato ripetutamente di avere aiutato il governo cinese in attività di spionaggio o miranti a sabotare il sistema delle telecomunicazioni di paesi stranieri occidentali che abbiano comprato le sue tecnologie. Inoltre, l’azienda sostiene, da prima che partissero le accuse lanciate soprattutto dall’amministrazione americana Trump, di essere un’azienda completamente privata di proprietà dei suoi lavoratori, e non legata in alcun modo con il governo o l’esercito cinese.

“Forse la spiegazione – dice il professor Steve Tsang della Soas University di Londra – sta nel fatto che Huawei riconosce che è molto improbabile riuscire ad aggirare gli sforzi che l’amministrazione Trump sta mettendo in campo per limitare il suo operato in Nord America, Europa occidentale e Australasia. Ma è difficile immaginare Nokia o Ericsson come interessata a comprarla. Ed è anche difficile immaginare come potrebbe un’azienda americana essere in grado di rassicurare l’amministrazione Trump che si tratterebbe di tecnologia esclusivamente americana. E, se non possono farlo, chi vorrebbe spendere decine di miliardi di dollari per comprare qualcosa che potrebbe diventare rapidamente obsoleto?”.

Il fondatore e Ceo di Ren Zhengfei ha fatto la sua proposta nel corso di una intervista congiunta all’Economist e al New York Times. L’offerta includerebbe l’accesso ai brevetti sul 5G, alle licenze, al codice e ai progetti tecnici e alla conoscenza accumulata per la produzione dal punto di vista ingegneristico delle infrastrutture e degli apparati di rete.

“Questa offerta se accettata – ha detto Ren – creerebbe una situazione di equilibrio tra Cina, Usa ed Europa. E una distribuzione bilanciata degli interessi è fondamentale per la sopravvivenza di Huawei”.

Le alternative europee a Huawei sono Nokia ed Ericsson, mentre al di fuori dell’Europa ci sono la coreana Samsung e la cinese Zte. Negli Usa invece, mentre Cisco, Dell Emc, Qualcomm e Hewlett Packard Enterprise hanno sviluppato tecnologie collegate al 5G, manca uno specialista americano dedicato agli apparati infrastrutturali del 5G.

Nel confronto tra le tecnologie 5G occidentali e quelle cinesi di Huawei c’è un punto di differenza. Huawei ha brevettato una tecnologia chiamata “polar code” per trasmettere più dati con un consumo minore, mentre altre aziende occidentali hanno sviluppato la tecnologia di “low density parity check”. A seconda di quale si diffonderà cambierà la direzione delle royalties che dovranno essere pagate a questo o quel brevetto.

L’offerta di Huawei viene giudicata coraggiosa e intelligente dagli analisti, ma in ultima analisi condannata al fallimento. Il punto centrale, sostengono vari analisti, è che in discussione non ci sono le buone intenzioni di Huawei mai i vincoli legali a cui è sottoposta: per la legge cinese a richiesta delle autorità deve dare accesso a tutti i dati che passano dai suoi strumenti di comunicazione, anche quelli venduti all’estero. E questo per un altro stato sovrano è un impedimento insuperabile.

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