«Il quadro regolamentare europeo sulle Tlc è ancora in piena sintonia con la realtà del mercato. E ha anzi una funzione più che mai decisiva in un momento in cui i vecchi monopoli sono di nuovo in ascesa». Ne è convinto Hubertus von Roenne, da metà gennaio nuovo chairman di Ecta, l’associazione europea che raccoglie gli operatori alternativi. Promosso a pieni voti il piano Juncker da 315 miliardi, ma il presidente della Commissione Ue è avvisato: “Se l’obiettivo è promuovere investimenti in maniera efficiente, deregolamentare il settore delle tlc sarebbe la maniera più sbagliata per perseguirlo”. Il consolidamento? “Non è la soluzione a tutti i problemi”, e a dispetto di quanto sostengono molti analisti scoraggerebbe gli investimenti.
Entro il prossimo anno la nuova Commissione Ue sarà chiamata a presentare una proposta di riforma delle regole europee per le Tlc. Quali le priorità secondo il punto di vista degli operatori alternativi?
Le riforma dovrebbe essere incentrata sul rafforzamento della concorrenza infrastrutturale, la costruzione di un mercato unico digitale per i servizi transfrontalieri, politiche più coordinate e pro-concorrenziali in materia di radiospettro, e infine su regole consentano a tutti gli investitori – piccoli e grandi – la possibilità di avere ritorni adeguati. Ed è bene precisare che ritorni adeguati non significa ritorni sproporzionati per pochi “eletti” a svantaggio degli altri.
In molti, in testa gli operatori storici, reclamano un alleggerimento della pressione regolatoria. Cosa ne pensa?
Dipende dal risultato che si vuole raggiungere. Se l’obiettivo è promuovere investimenti in maniera efficiente, deregolamentare è la maniera più sbagliata per perseguirlo. Bisogna preservare quel circolo virtuoso basato sulla concorrenza che ha spinto gli operatori europei a innovare, divenire più efficienti e offrire servizi a prezzi competitivi, incoraggiando la domanda e quindi ulteriori investimenti. Questo sistema ha funzionato e continua a funzionare bene. Perché cambiarlo? In altre parole l’attuale quadro regolamentare europeo, anche se siamo convinti che possa e debba essere migliorato, è ancora in perfetta sintonia con la realtà del mercato. Ed assume un rilievo ancor più decisivo in un momento in cui gli antichi monopoli sono di nuovo in ascesa. Basti dire che nel settore delle reti Nga gli ex monopolisti hanno ormai riguadagnato l’80% del mercato retail.
Eppure il commissario per l’Economia digitale Oettinger, ritiene che per migliorare la copertura di banda larga nelle aree rurali occorra allentare gli obblighi sulle telco. Ad esempio esentandole dai vincoli sull’accesso o allungando la durata minima dei contratti agli utenti.
La concorrenza resta l’ingrediente chiave per promuovere investimenti e mi sembra improbabile che limitandola si possa migliorare la copertura nelle aree rurali e periferiche. Al contrario, l’Europa ha potuto centrare l’obiettivo del 100% di copertura del proprio territorio con banda larga di base proprio in virtù di un contesto normativo che garantisce agli altri operatori l’accesso alle reti degli operatori dominanti. Gli Olo sono stati pionieri nel campo della fibra e continuano a investire molto in reti di nuova generazione e servizi innovativi. Levare gli obblighi di accesso nelle aree rurali non significa più investimenti privati, ma solo prezzi più elevati per i consumatori in cambio di servizi di scarsa qualità.
A proposito di investimenti, cosa pensa del piano Juncker?
Bisogna riconoscere che nelle aree a fallimento di mercato gli investimenti privati hanno bisogno del sostegno pubblico, ragione per la quale il piano Juncker è di massima importanza. Però è anche essenziale che i soldi pubblici siano utilizzati nell’interesse di tutti, e non per offrire un vantaggio commerciale a coloro che ricevono i fondi.
Il dibattito sulla neutralità della rete tiene banco anche in Europa. Preferiamo un approccio basato sui principi. L’elemento più importante per preservare il peculiare ecosistema aperto della Rete resta la salvaguardia di una effettiva concorrenza nei servizi di accesso a internet.
Parliamo di consolidamento. Non crede si renda inevitabile al cospetto dei margini in calo del settore? E non è forse desiderabile guardando alla creazione un “mercato unico delle Tlc”?
È vero, la transizione “dalla voce ai dati” ha inciso negativamente sui ricavi di alcuni operatori, ma ha rappresentato anche una grande opportunità di crescita per altri. Ciò significa che il consolidamento non è affatto inevitabile, e certo non è la soluzione a tutti i problemi. Basta guardare alle eccellenti performance di operatori europei di piccole e medie dimensioni che appaiono oggi in perfetta salute. Se si seguisse la strada del consolidamento, è scontato che alcuni grandi operatori diventerebbero ancora più grandi, ma non è detto che investirebbero di più. Perché investire quando non si ha più bisogno di attrarre clienti?
Come vede il mercato europeo delle telecomunicazioni tra cinque anni?
Ancorato ad una maggiore certezza regolamentare per incoraggiare investimenti da parte di tutti. Per raggiungere questo obiettivo la concorrenza deve restare la stella polare del legislatore. Perché, come già detto, è l’ingrediente chiave per spingere la diffusione della banda larga portando benefici agli utenti finali. Oggi la banda larga veloce (ad almeno 30 Mbps) arriva al 62% delle case europee ma i prezzi sono così alti che solo il 15% ha un abbonamento. Credo che proprio continuando a scommettere sulla concorrenza tra cinque anni riusciremo a garantire che i cittadini e le aziende europee possano scegliere la connessione migliore a prezzi più competitivi.