“L’effetto negativo colpisce tutti, ma chi ne esce meno peggio e a volte meglio è senza ombra di dubbio il comparto Ict, in questo momento vero protagonista del lavoro degli italiani e dell’attività delle aziende con smart working, digitalizzazione dei processi organizzativi e di vendita”: è quanto emerge dai risultati dell’ultimo monitoraggio sull’evoluzione della situazione-Paese a seguito dell’emergenza Coronavirus effettuato da Manageritalia insieme con Cfmt e il supporto tecnico di AstraRicerche. La survey, dedicata a fare il punto sulle aspettative dei manager sul fronte del fatturato ma anche a capire come si orienterà la strategia di business futura, ha coinvolto 1.026 manager di altrettante aziende, un campione rappresentativo delle aziende del terziario, nel periodo 3-11 aprile.
Il 90% dei manager prevede un pesante calo di fatturato e il 39% del campione – in crescita dal 14% di fine marzo – stima una contrazione del 30%. Solo il 10% non prevede effetti negativi.
Le misure per affrontare la crisi sono nel 59% dei casi espansive e soprattutto di riconsiderazione e sviluppo del business. Tra le espansive la revisione di alcuni aspetti della catena del valore (42%), lo sviluppo di campagne di marketing (40%) la modifica, anche solo momentanea, del modello di business (30%), la spinta alle vendite con sconti e promozioni (26%), la revisione di alcuni aspetti della catena logistica (24%) e la scommessa su mercati e paesi meno toccati dalla crisi (16%). Ma non mancano anche me misure difensive: blocco assunzioni (33%), interruzione dei contratti a termine (24%), chiusura di punti vendita (3%) e licenziamenti (2%).
Per bilanciare gli effetto negativi bisognerà spingere gli investimenti: la pensa così l’84% degli intervistati. Ed è l’Ict a registrare la principale aree di investimento (52%), seguita da comunicazione esterna (44%), comunicazione interna (38%), eventi (37%), formazione (32%) e consulenza (25%). A livello di media mix della comunicazione, il digitale dopo questa crisi registrerà un’accelerazione. Se il 35% del campione dichiara che non cambierà il media mix tra digitale e non, il 59% prevede invece una migrazione verso il digitale.