L’insediamento di un nuovo governo è sempre un’occasione di cambiamento. E anche di rilancio di istanze irrisolte, a partire da quelle che più possono incidere sulle cause che bloccano nuove capacità ed energie. Il panorama è ampio, ma è indubbio che il ritardo che il nostro Paese continua ad accumulare sul fronte dell’economia digitale deve essere messo ai primi posti della lista degli interventi. La correlazione tra dotazioni digitali, produttività e crescita non ha più bisogno di essere dimostrata. È da questo che bisogna partire per recuperare il ritardo che ci ha fatto scendere nella classifica mondiale della produttività.
Assinform lo sostiene da tempo. Anche quando gli accenti erano solo sull’emergenza finanziaria non si è mai stancata di affermare che senza un recupero degli investimenti finalizzati ad incrementare l’efficienza del sistema, il riequilibrio lo si sarebbe trovato solo al ribasso. Perché o ci si rassegna agli equilibri possibili con una bassa produttività, con quello che ne deriva in termini di reddito, welfare e occupazione, oppure si incrementa la produttività, mantenendo elevato il punto di equilibrio (e innalzandolo in prospettiva).
Gli investimenti in tecnologie digitali sono centrali per quel cambio di passo, e devono essere posti al centro dei programmi di governo. Tanto più che per riprendere e decollare, essi non hanno bisogno dei finanziamenti a fondo perduto di passata memoria, ma piuttosto di un quadro di riferimento che incoraggi le imprese e i consumatori a fare la loro parte. I dati rilevati da Assinform sono eloquenti. Nel 2012, in Italia l’economia reale è calata del 2,4%, mentre il mercato allargato dell’hi-tech digitale (Global Digital Market), che rappresenta il 4,9% del Pil nazionale con un valore di 68.141 milioni di euro, è calato meno, dell’1,8%, ad evidenziare che c’è bisogno di innovazione. E mentre l’Ict tradizionale è calato più della media, le componenti più innovative sono addirittura cresciute; e nei settori dove la spesa Ict ha avuto rigidi condizionamenti, come nel caso della PA, c’è stata diminuzione, mentre in altri, come quello delle Utility, dove quei condizionamenti esogeni non ci sono stati, si è investito di più e con ritorni molto interessanti. Insomma, pur in un contesto economico difficile e in carenza di un quadro di riferimento stimolante, i fermenti non mancano.
Al nuovo governo si chiede dunque quel quadro di riferimento che sul fronte dell’offerta vuol dire dare sufficiente certezza che certi programmi vengano attuati. Programmi che – va ribadito – riguardano solo in parte la spesa pubblica o le incentivazioni, perché attengono allo sblocco di una domanda potenziale di dotazioni tecnologiche e di servizi che può avvenire a livello di sistema in tutti i settori d’utenza, basti pensare ai pagamenti elettronici o all’e-commerce. Chi investe lo fa perché può fare i suoi conti, e deve capire innanzitutto se un mercato c’è o non c’è e poi anche se non ci siano elementi scoraggianti dal punto di vista normativo o fiscale.
Detto questo, al nuovo governo Assinform chiede: 1. di accelerare l’attuazione dell’Agenda digitale, con l’emissione dei decreti attuativi per tutti gli ambiti già sanciti dalla legge 221/2012 e portando il suo braccio operativo, l’Agenzia per l’Italia Digitale, sotto la massima responsabilità politica, ovvero Palazzo Chigi; 2. di recuperare nell’Agenda Digitale iniziative rimaste escluse, come ad esempio quelle per incentivare l’e-commerce, che ha un potenziale enorme per le Pmi; 3. rendere il credito di imposta per la ricerca e l’innovazione una misura strutturale; 4. aprire linee di finanziamento specifiche alle aziende utenti che investono in innovazione.
Altre richieste, sono ancora quelle che riguardano: i pagamenti della PA verso le aziende del nostro settore, e anche quella di guardare con un occhio un po’ più laico il tema dell’in-house, e cioè di quella quota di mercato Ict che di fatto viene riservata alle aziende di proprietà pubblica, limitando una concorrenza che andrebbe a vantaggio di tutti.
Ci sarebbero altri suggerimenti ma uno fra tutti ci preme sottolineare. Al nuovo Governo, e anche al nuovo Parlamento, Assinform chiede non solo di affrontare questi temi, ma anche di impegnare il Paese in uno sforzo corale, che va sostenuto – lo ripetiamo ancora – sulla base di quadro di riferimento istituzionale e normativo organico e favorevole all’innovazione. Occorre creare le condizioni affinché per le imprese e le PA sia possibile valorizzare tutte le novità e sfruttare le enormi potenzialità che le nuove tecnologie offrono, riorganizzare e razionalizzare i processi, innovare prodotti e servizi, dotarsi di nuove competenze, creare nuova occupazione.
* Presidente Assinform