LO STUDIO

Idc: pirateria software, in Italia vale oltre un miliardo

Lo studio effettuato per conto di Microsoft colloca il nostro Paese nella watch list dei paesi a rischio. Matteo Mille: “Pirata un software su due: bisogna sensibilizzare le imprese sull’importanza dei sistemi legali”

Pubblicato il 11 Mar 2013

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Il tasso di pirateria del software in Italia è del 48%, rispetto ad un tasso medio in Europa del 33%. A dirlo una ricerca Idc per conto di Microsoft. “In Italia la situazione della pirateria è molto delicata. Quasi la metà dei software installati è senza licenza, con una perdita per l’industria pari a 1.398 milioni di euro. Il nostro è addirittura l’ottavo Paese nel mondo per controvalore economico del software illegale in circolazione – spiega Matteo Mille, Direttore della Business Unit a tutela del Software genuino di Microsoft – Da anni lavoriamo a stretto contatto con le aziende italiane, per sensibilizzarle sui rischi dell’utilizzo del software contraffatto e oggi, in occasione dell’edizione 2013 del Play It Safe tramite il rinnovato sito web www.microsoft.com/italy/antipiracy mettiamo a disposizione delle aziende e degli utenti finali una serie di strumenti e di ricerche per sensibilizzare l’importanza dell’utilizzo di software genuino, sia esso in modalità licenza o in modalità cloud, ricordando che l’apparente risparmio originato dall’utilizzo di software pirata può essere completamente annullato da una singola violazione della protezione del network aziendale o da una singola perdita dei dati presenti sul PC personale”.

Secondo le stime Idc, globalmente, servono 1,5 miliardi di ore e 22 miliardi di dollari per le attività di identificazione, riparazione e ripristino, 114 miliardi di dollari complessivi per la gestione dell’impatto di un attacco informatico dovuto a malware. Lo studio ha messo in luce che i rischi per gli utenti che decidono di usare software contraffatti nella speranza di risparmiare sono nettamente maggiori: le probabilità che i loro computer vengano infettati da malware inattesi sono da una a tre per i consumatori e da tre a dieci per le aziende.

Lo studio globale ha analizzato 270 siti Web e reti Peer-to-Peer (P2P), 108 download di software e 155 CD/Dvd e sono stati intervistati 2.077 consumatori e 258 responsabili IT o Cio in Brasile, Cina, Germania, India, Messico, Polonia, Russia, Thailandia, Regno Unito e Stati Uniti. I ricercatori hanno riscontrato che nel novero dei software contraffatti non acquistati insieme al computer, il 45% proviene da Internet. Il 78% dei software scaricati da siti Web o reti P2P includeva qualche tipo di spyware, mentre il 36% conteneva Trojan e adware.

“La cybercriminalità si basa sulla manomissione del codice originale di un software e sull’introduzione di malware – sottolinea David Finn, Associate General Counsel del Microsoft Cybercrime Center – Alcuni malware registrano tutte le digitazioni sulla tastiera, consentendo ai cybercriminali di rubare le informazioni personali e finanziarie delle vittime; oppure attivano in remoto il microfono e la videocamera del computer infettato, dando ai cybercriminali occhi e orecchie in consigli di amministrazione, così come nei soggiorni e nelle camere da letto. Il modo migliore per evitare queste minacce quando si acquista un computer è richiedere software autentico”.

“La ricerca non lascia adito a dubbi: è pericoloso per i consumatori e per le aziende scegliere software contraffatti – evidenzia John Gantz, Chief Researcher di Idc – Alcuni scelgono software contraffatti per risparmiare, ma il malware che contengono finisce per mettere aziende e consumatori finali sotto scacco”.

Nel dettaglio lo studio rileva che il 64% dei conoscenti degli intervistati ha riscontrato problemi di sicurezza a causa dell’utilizzo di software contraffatto; il 45% delle volte i software contraffatti ne hanno rallentato i PC ed e’ stato necessario disinstallarli. Il 48% degli intervistati ha indicato la perdita dei dati come principale timore legato all’uso di software contraffatti mentre il 29% è più preoccupato per il furto di identità.

Incorporare del malware pericoloso in un software contraffatto è diventato quindi un nuovo modo con cui i criminali colpiscono gli utenti di computer inconsapevoli del potenziale pericolo.

Il White Paper di Idc analizza inoltre l’elevato livello di installazioni di software da parte degli utenti finali su computer aziendali, che rappresenta un ulteriore mezzo per introdurre software non sicuri nell’ecosistema del luogo di lavoro. Se il 38% dei responsabili IT riconosce che ciò avviene, il 57% dei lavoratori ammette di installare software personali nei computer di proprietà dell’azienda. Il dato più allarmante riguarda la percentuale di computer d’ufficio che dopo l’installazione di software personali non ha creato problemi: solo il 30%. Il 65% dei responsabili IT concorda che i software installati dagli utenti aumentano i rischi per la sicurezza dell’organizzazione. La maggioranza ritiene che per un’azienda i software installati dagli utenti possono essere un’area scoperta nel tentativo di garantire una rete protetta.

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