LA POLEMICA

Igf a Istanbul, Amnesty: “Scelta Onu paradossale”

Sherif Elsayed-Ali: “In Turchia 29 utenti di Twitter rischiano fino a tre anni di carcere: si metta fine a intimidazioni e persecuzioni nel mondo per chi usa ha solo esercitato la libertà d’espressione online”

Pubblicato il 02 Set 2014

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“E’ paradossale che la Turchia ospiti una riunione sulla governance di Internet in cui i diritti umani sono uno degli argomenti centrali, proprio mentre 29 utenti di Twitter sono sotto processo a Smirne e rischiano fino a tre anni di carcere per istigazione a infrangere la legge”. A denunciarlo è Sherif Elsayed-Ali, vicedirettore del Programma Temi globali di Amnesty International, in riferimento all’Internet Governance Forum, evento organizzatro dalle Nazioni Unite che si apre oggi a Istanbul, e che ha scopo di condividere le migliori pratiche in tema di regolamentazione della Rete, sicurezza e diritti umani. Al summit prendono parte esponenti ed esperti della società civile e rappresentanti dei governi, da ogni parte del mondo.
La vicenda giudiziaria risale alle proteste del maggio e giugno 2013, e sotto accusa finirono i tweet di alcuni utenti, che però – secondo quanto rilevato da Amnesty – quando non contenevano alcun incitamento alla violenza.

“Questo processo – prosegue la nota dell’associazione – è solo l’ultimo di una serie di azioni giudiziarie contro coloro che pubblicano online critiche al governo turco”. Ma Amnesty non si ferma alla situazione in Turchia, ed evidenzia la situazione di quattro altri paesi: Arabia Saudita, Etiopia, Stati Uniti d’ America e Vietnam, dove chiede che le condanne già emesse vengano ritirate.In Etiopia, sette blogger rischiano la pena di morte per aver diffuso informazioni sulla sicurezza online; in Vietnam, 34 blogger sono in carcere e due di essi sono stati già condannati a 10 e 12 anni per aver denunciato nei loro post le violazioni dei diritti umani in corso nel paese; in Arabia Saudia, il fondatore di un portale è stato condannato a 10 anni, 1.000 frustate e una multa equivalente a oltre 200mila euro per “insulto all’islam”, mentre per gli Usa il caso citato è quello di Edward Snowden, cittadino statunitense che rischia 30 anni di carcere “per aver denunciato i metodi indiscriminati di sorveglianza globale del suo governo”.

“Gli stati che prendono parte all’Internet Governance Forum devono cogliere questa occasione per assumere l’impegno a porre fine alle intimidazioni e alla persecuzione di coloro che esercitano la loro libertà d’espressione online – conclude Elsayed-Ali – E’ necessario che pongano fine alla censura ingiustificata e alle forme illegali e indiscriminate di sorveglianza e che proteggano coloro che mettono a disposizione sulla Rete informazioni d’interesse pubblico”.

Critiche sono arrivate anche da Human Rights Watch: “Il governo turco negli ultimi mesi ha esteso i suoi poteri di censura online dei contenuti e di controllo dell’attività in rete senza una supervisione indipendente”, denuncia l’associazione in una nota. Secondo la rappresentante dell’associazione Cinthya Wong le delegazioni che partecipano all’Igf di Istanbul “non dovrebbero chiudere gli occhi davanti all’approccio sempre più repressivo del governo turco nei confronti dei diritti degli utenti della Rete”.

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