Il capitalismo di Apple e la app economy

Si prospetta una selezione darwiniana della specie imprese, che porterà solo
le più pensanti a diventare grandi oppure molto efficienti e specializzate

Pubblicato il 29 Mar 2015

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Tre anni fa scrissi che il capitalismo di Apple era solo all’inizio. Dieci anni fa che il Nasdaq avrebbe rotto il muro dei 10mila punti di quotazione.
Il mondo del business non è mai stato così ricco di opportunità a livello domestico e globale. Apple è diventata l’impresa più importante mai generata dal capitalismo: ha fatturato 74,6 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre (quanto il pil di un anno della Lituania) ed ha venduto una media di 34mila smartphone all’ora. Notti incluse. È il più potente acceleratore della digitalizzazione della società e dell’economia che sia mai stato immaginato.
Cosa significa? Molto, anzi moltissimo. Perché il capitalismo spinto dal successo di Apple verso nuove frontiere è un qualcosa di molto originale. Per i tempi di esecuzione; per le professionalità coinvolte; per la trasformazione dei processi produttivi e di business.
Personalmente vedo due grandi effetti da dover gestire prima e più di tutti gli altri. Innazitutto le imprese diventeranno sempre più grandi. Enormi corporation, frutto di progressive aggregazioni e di fusioni, capaci, come Apple, di gestire una complessità manifatturiera, logistica e di customer management davvero originale.
La cosiddetta coda lunga, Long Tail, diventerà sempre più per i singoli consumatori un fenomeno interaziendale: le singole imprese offriranno cataloghi sempre più ampi di beni e servizi, anche digitali, che gli stessi consumatori potranno scegliere a loro piacimento cliccando.
Si navigherà sempre più dentro l’azienda, meglio dentro l’offerta ampia e articolata della singola maxi azienda, e sempre meno nel web generalista.
In secondo luogo entra in campo quella che ho ribattezzato la app economy: saltano tutti gli intermediari tra i consumatore ed il produttore perché tutto si fa via app o con interazioni analoghe. Il consumatore entra nella scelta diretta del prodotto che vuole e “se lo va a costruire” nella value chain della società, mentre l’impresa deve imparare ad anticipare tutti i suoi bisogni e a comunicarglieli in modalità push prima che il consumatore stesso li “scopra”. Uno scenario estremamente sfidante: più complessità da Long Tail di offerta e più interazione diretta omnidirezionale con i consumatori.
Una vera selezione darwiniana della specie imprese che porterà solo le più pensanti a sopravvivere, cioè a diventare o molto, molto grandi oppure molto, molto efficienti e specializzate.
È la nuova frontiera del capitalismo dischiusa da Apple, quella nella quale il business sarà sempre più real time e consumer centrico. La frontiera dei prodotti capaci di diffondersi a livello globale come mai nel passato.

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