Un convegno che ha visto confrontarsi tra PA e aziende per
“vivisezionare” le opportunità legate all’adozione del cloud
computing. Lo ha organizzato il Corriere delle Comunicazioni con
Cdti e la collaborazione dell’università di Roma Tor Vergata
presso la Biblioteca Nazionale di Roma, con il patrocino
dell’Agenzia per l’Innovazione.
La prima sessione ha focalizzato l’attenzione sulla “nuvola”
nelle pubbliche amministrazioni. Dopo il saluto di Giorgio
Dori, presidente di Cdti, l’apertura
dei lavori è stata affidata a Carlo Patrucco, Vp
Consulting Gartner, che pone
subito l’accento sulla forte interconnessione tra Internet e
cloud. “Quali sono gli effetti più visibili di questo legame?
Per prima cosa l’estensione: il che significa, ad esempio, avere
una navigazione più ricca, un’automazione più efficace. E poi
ciò che ha fatto il successo della nuvola: la scalabilità e la
riduzione dei costi”.
Tutto “bello” dunque nel cloud? “Non proprio – puntualizza
Patrucco -. Restano ancora aperti problemi legati alla sicurezza e
alla portabilità dei dati, che in ambienti virtualizzati ancora
rappresentano un freno”.
Freno che nelle amministrazioni può diventare un ostacolo, come
sottolinea Emilio Frezza, direttore del
Dipartimento Risorse tecnologiche e Tlc del Comune di
Roma, nel panel moderato dal Vp di Cdti,
Roberto Galoppini. “La PA ha una sua specifica
mission che è quella della conservazione delle info dei cittadini
– precisa Frezza -. In questa prospettiva il controllo del dato
deve essere sempre possibile e puntuale”. Ecco perché Frezza
auspica una transizione verso l’open government dove all’ente
resta il compito di conservare i dati e al mercato sviluppare
servizi collegati a quei dati.
Tra gli enti quella che può essere considerata a buon titolo una
best practice è l’Istituto del Commercio Estero (Ice).
Giuseppe Maria Armenia, ceo di
RetItalia (Ice), ha svelato il segreto di
quell’eccellenza. “Dal 2009 abbiamo iniziato a far migrare il
servizio e-mail – racconta Armenia -. Si tratta di oltre 2mila
caselle che funzionano in 80 Paesi del mondo per un totale di 10
terabyte di flusso ogni anno”. La scelta di Ice è ricaduta su
Google Apps grazie al quale sono migrate, dal 2009 ad oggi, già il
75% delle caselle.
Anche il ministero dell’Economia e delle Finanze ha messo in
campo la roadmap che lo porterà “sulla nuvola”. “Il primo
passo è la virtualizzazione di parte del Ced – spiega
Francesco Castanò, coordinamento informatico del
Mef -. La migrazione ha permesso
un’ottimizzazione delle risorse e una riduzione del 50%
dell’energia di alimentazione. Con una ricaduta positiva sui
costi totali”.
Per Mauro Draoli, di DigitPA e
docente dell’università Tor Vergata, “perché il cloud diventi
realtà è necessario risolvere tutte le criticità relative alla
privacy e alla sicurezza dei dati. La valutazione del rischio deve
essere il ‘faro’ nelle scelte dei manager pubblici”.
In questo scenario quali sono i consigli dei fornitori alle PA? Per
prima cosa riconsiderare l’architettura di protezione, visto che
le minacce nelle virtual machine saranno del tutto nuove. “Oltre
alla difesa degli endpoint e dei gateway – suggerisce
Maurizio Martinozzi, manager Sales Engineering per
Trend Micro – bisogna puntare alla formazione del
personale”. E proprio nell’ottica di una maggiore protezione
sono create le piattaforme di Redmond. “Le soluzioni sviluppate
da Microsoft rispondono al bisogno di sicurezza – dice Pier
Paolo Boccadamo, direttore Strategie di Piattaforma,
Microsoft Italia -. Forniamo agli enti tutti e tre
i livelli di cloud: il software, la platform e l’infrastructure
as a service ad alte prestazioni di security”.
Per Lorenzo Lumassi, Technology Solutions director
Emc Global Services “è importante che la PA sia
pronta a cambiare l’organizzazione interna per rispondere alle
richieste di innovazione che la nuvola porta con sé”. Al di là
degli “obblighi” il settore pubblico deve raccogliere la sfida
della diversificazione del business che la tecnologica può
generare. “Il cloud è un’architettura di servizio – spiega
Massimo Boano, Vp Technology Services
Capgemini Italia -. Per la PA questo vuol dire
poter erogare servizi a valore aggiunto anche non core”.
Una sfida che la PA italiana dovrebbe raccogliere, avendo a mente
quante risorse IT sarebbero spese. “La nostra soluzione Powua
misura l’uso che si fa dei software ed erogare servizi a costi
ridotti, a prescindere dalla piattaforma hardware”, fa presente
Pietro Nocita, Product manager Powua Cloud
Computing Gruppo Solgenia.
A chiudere la prima sessione del convegno Gabriele
Provinciali, senior Customer Solutions Architect
CA Technologies. “Le organizzazioni
virtualizzano nel data center per ridurre i costi, ma sono poche le
realtà che sfruttano il potenziale dello IaaS – conclude -. Non
appena le PA acquisiranno capacità nella gestione degli ambienti
virtualizzati saranno pronte a fare capacità elaborativa on
demand”. Che è la vera “sostanza” del cloud.
Nella sessione pomeridiana, dove hanno “sfilato” le imprese nel
ruolo di fornitori e fruitori, è emersa da subito la necessità di
avere risposte concrete alla domanda sui benefici che il cloud
promette.
“A Roma l’80% delle imprese è di piccole o medie dimensioni.
Sono interessate al cloud ma si chiedono dove siano le opportunità
di business. Quello che cercano oggi è soprattutto la riduzione
dei costi”, ha spiegato Augusto Coriglioni,
presidente della Sezione Information technology
dell’Unione industriali di Roma
nell’introdurre il primo dei due panel.
La questione è diversa per un’azienda delle dimensioni di
Lottomatica. “Per noi l’Ict è parte del core
business, il veicolo per erogare le transazioni – ha sottolineato
il Chief technology officer Giovanni Rando
Mazzarino -. Il cloud può apparire ancora uno slogan, ma
non inserirsi nel trend vuol dire perdere competitività quando
diventerà uno standard”.
Naturalmente l’intera costruzione del cloud non regge senza la
banda larga. “Ci stiamo lavorando – ha ricordato
Emanuele Ranieri, responsabile Marketing Dmo-Top
clients di Telecom Italia -. Per noi il cloud è
una grande leva di innovazione, perché può permettere alle
imprese di recuperare competitività e colmare il gap
informatico”.
Mario Dal Co, direttore dell’Agenzia per
l’Innovazione evidenzia una specifica area critica. “I
vendor non pensano abbastanza al cliente. Aziende e PA non vogliono
solo conoscere le tecnologie che verranno implementate, ma quali
risultati in termini di semplificazione si otterranno, quale
impatto sulla struttura organizzativa. Bisogna fare cultura del
cloud”.
Ma le aziende-clienti vanno conquistate anche dimostrando che la
nuvola è sicura, come sottolinea Bernardo
Nicoletti, consulente e coach di impresa. Un’esigenza
prioritaria per le banche, aggiunge Pierfrancesco
Gaggi, vice presidente di Abi Lab
ricordando che “i progetti di consolidamento e virtualizzazione
sono nel 2010 una delle cinque aree prioritarie di investimento del
settore bancario”.
Se è poi l’aspetto normativo a preoccupare le aziende,
l’avvocato Massimiliano Pappalardo, socio presso
lo studio La Scala, assicura: “La nuvola non è
il far west e qualche tutela contrattuale allontana il rischio di
brutte sorprese”.
Ma mentre l’Italia si interroga sulla business case del cloud,
negli Stati Uniti già si parla di una “lingua franca” del
cloud computing. “Per noi lo standard è l’Amazon Web Services
– puntualizza Graziano Obertelli, co-founder di
Eucalyptus -. E l’uso dello standard garantisce
che se si cambia provider non si perdono i dati”. Il prodotto
conta 10 mila download al mese e tra i clienti c’è anche il
governo americano.
“All’estero molte aziende sono cloud al 100% – ricorda
Marco Maffè, Business consultant di
T-Systems Italia: diversi clienti internazionali
di T-Systems -. La pressione della competizione spinge a cambiare
rapidamente, a comprimere i costi, a efficientare i servizi e il
cloud rappresenta una grande opportunità per rendere il business
dinamico”.
A sponsorizzare il convegno "Cloud Computing, soluzioni e
opportunità per la PA e le imprese" sono state:
Microsoft, Capgemini, Emc, CA Technologies, T-Systems,
Solgenia Group, Trend Micro e Telecom Italia.