SCENARI

Il digitale doppia il Pil, ma l’industria lancia l’allarme: “Crescita a rischio nel 2018”

Secondo lo studio Anitec-Assinform, nel 2017 il volume d’affari ha superato i 68 milioni di euro (+2,3%) ma le stime al 2018 sono al ribasso sulla scia di un quadro economico in rallentamento. Pesa anche la manovra che dimezza gli incentivi all’Industria 4.0.

Pubblicato il 25 Ott 2018

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Il mercato digitale italiano cresce quasi il doppio del Pil, ma i segnali positivi sono tutt’altro che acquisiti: c’è un forte rischio di frenata se la manovra di bilancio taglia i programmi nazionali per l’innovazione.

A scattare la fotografia lo studio “Il Digitale in Italia” realizzato da Anitec-Assinform, in collaborazione con NetConsulting, secondo cui nel 2017, il mercato digitale italiano è cresciuto del 2,3% raggiungendo 68.722 milioni di euro, ma per il 2018 le previsioni formulate solo lo scorso giugno sono state aggiustate al ribasso, dal +2,6% al +2,3% a 70.286 milioni sull’onda di un quadro economico in rallentamento; le crescite stimate per il 2019 (+2,8%) e per il 2020 (+3,1%) appaiono sempre più legate alla continuità dei provvedimenti di incentivazione come Impresa 4.0, al rilancio della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e all’inclusione digitale delle piccole imprese. trasformazione digitale in Italia e proporre soluzioni per il futuro del Paese.

“Investire nel digitale è, già oggi, la risposta più efficace e concreta per innalzare la produttività del nostro Paese e creare nuovo lavoro attraverso l’innovazione . commenta il presidente di Anitec-Assinform, Marco Gay – L’industria Ict cresce a un tasso quasi doppio del Pil e i digital enabler sono le materie produttive che fanno sviluppare anche le industrie tradizionali, in una filiera innovativa dalle startup alle Pmi fino alle grandi aziende. Ma nulla è acquisito: serve la continuità dei programmi nazionali per l’innovazione, come Impresa 4.0, non la loro riduzione a vantaggio della spesa corrente. Siamo preoccupati e delusi dalle prime risultanze di una legge di bilancio che non sembra avere l’innovazione fra le sue priorità: i tagli a investimenti, ricerca e sviluppo, competenze innovative, danneggiano non solo il nostro settore ma tutta l’industria e, con essa, l’Italia”.

 “L’aggiustamento delle previsioni per il 2018 è un segnale – prosegue Gay -il trend rimane positivo, ma gli effetti del rallentamento dell’economia e dell’instabilità finanziaria si sono fatti sentire sugli investimenti. Lo stesso quadro macroeconomico nazionale risente più che in altri paesi dell’effetto di squilibri e inefficienze che proprio il digitale può risolvere. Investire nella trasformazione digitale è un’esigenza per il Paese, non un mantra del nostro settore; è la risposta più sostenibile per una crescita duratura, affrontando in modo strutturale la sfida della competitività attraverso l’innovazione di processi, prodotti e servizi”.

“Sino a pochi anni fa il Paese ha rischiato di subire la trasformazione digitale per carenza di investimenti. Oggi non è più così. Ma se non acceleriamo sprecheremo un’occasione irripetibile – ha aggiunto Gay – Oggi non c’è da mettere in moto una macchina ferma, ma di dare più velocità a una macchina già in movimento. Non solo è ripresa la domanda di digitale, ma ne è migliorata la qualità, grazie al peso crescente delle componenti più evolute.  IoT, Cybersecurity, Cloud, Big Data, Servizi Web e Mobile Business, sono cresciuti nel loro complesso del 16,7% nel 2017 e promettono, a condizioni costanti di crescere del 16,5% medio annuo sino al 2020, trainando l’intero mercato, a partire dal software e dai servizi generati in Italia, a tutto vantaggio dell’innovazione di prodotti, servizi e processi.”

A parità di condizioni di investimento rispetto alle attuali, tutti i settori, tranne la PA Centrale e Locale, continuerebbero ad investire nel digitale, con punte del 6,5% nelle Utility e attorno al 6% nelle filiere che integrano Industria, Distribuzione e Servizi, mentre Banche, Assicurazioni/Finanza e Trasporti, progredirebbero del 5%, la Sanità del 3,1% e i settori delle Telecomunicazioni e dei media del 2,2%. Per l’industria, in particolare, gli investimenti in tecnologie 4.0 dopo aver sfiorato 2,2 miliardi nel 2017 crescerebbero a 3,7 miliardi nel 2020 a un tasso medio annuo 2017-2020 del 19,2%, più alto (19,6%) per i sistemi industriali e leggermente più basso (18,9%) per i sistemi Ict, con un picco di crescita nel 2018 del 22,3% per i primi e del 21% per i secondi.

“Sono previsioni che scontano però la continuità sostanziale dei programmi nazionali per l’innovazione e che, proprio perché hanno dato risultati concreti, non dovrebbero subire ridimensionamenti come invece constatiamo dalle prime notizie sulla manovra di bilancio – sottolinea Gay – Siamo preoccupati e delusi. Sorge il dubbio che l’innovazione non sia in cima alle priorità del Governo: dimezzati gli incentivi di Impresa 4.0 e quelli in ricerca e sviluppo, cancellato il superammortamento, scomparsa istruzione e formazione digitale dalle priorità pubbliche. Con Confindustria digitale avevamo proposto misure per la crescita digitale come l’iperdeducibilità della spesa per software, sistemi e servizi IT in cloud; l’innalzamento della defiscalizzazione del capitale di rischio in startup, pmi innovative e open innovation; la semplificazione in chiave digitale della PA. Non sembra esservi traccia di queste misure”.

Preoccupazione è espressa anche dal presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania. “Nella legge di bilancio manca una visione organica di un Paese che cambia e cresce utilizzando l’innovazione e i processi di trasformazione digitale – dice – Mancano le misure che consentono alle imprese di trarre valore competitività dalle nuove tecnologie: fondamentali gli incentivi a supporto della riqualificazione del personale e per la formazione di nuove competenze digitali  e gli incentivi per i progetti di integrazione dei nuovi sistemi e tecnologie di  sensoristica, software, di servizi cloud, con i processi aziendali”.

Entrando nel dettaglio del report, i numeri rilevano che a spingere il mercato sono i cosiddetti digital enabler. La progressione attesa, seppur rivista al ribasso, combina due dinamiche: contenuta per l’area dell’Ict più tradizionale e molto vivace per quella più innovativa, quella dei Digital Enabler, (+16,5%), con l’IoT, il Cloud, la Cybersecurity, il Mobile Business, e così via.

I Digital Enabler – già inclusi a seconda della loro natura “merceologica” nel software, nei servizi e nell’hardware – pesano molto di quanto appare “contabilmente” (1/6 del mercato), perché oramai stimolano e orientano la domanda totale.

Nel comparto dei Servizi Ict, che nel 2017 ha raggiunto 11.057 milioni di euro, si prevede una crescita sostenuta (del 5,3% fino al 2020), grazie alla spinta dei servizi di Sviluppo, System Integration e Consulenza (legati all’adozione di nuovi strumenti e soluzioni), sia della forte dinamica dei servizi Cloud (+20,3%).

Sempre a parità di condizioni, il progresso atteso dal comparto Software e Soluzioni Ict è ancora più sostenuto (+7,3%), ed è riconducibile in primis ai prodotti applicativi IoT, Big Data e Social, al Middleware e alle componenti di IT Management & Governance, Information Management e Security.

Tra i motori della crescita del mercato digitale sono poi i Contenuti e la Pubblicità Digitali (+ 7,7%), trainati dai contenuti di intrattenimento

Le dinamiche complessive del mercato sono rese un po’ meno brillanti dalla crescita contenuta dei Dispositivi e Sistemi e dal calo dei Servizi di Rete. I Dispositivi e Sistemi (+ 2,2%) dovrebbero risentire della crescita dei servizi IaaS e di un rallentamento trasversale a Pc, stampanti e tablet, contrastato però dalle performance delle componenti associate ai nuovi paradigmi digitali, dai server di fascia alta agli apparati storage e di networking, ai dispositivi mobili (+8,3%) e ai dispositivi indossabili (Wearable, +29%).

Nei Servizi di Rete (-2,2%) frenano sia quelli di rete mobile, soprattutto nella componente di fonia, sia quelli di rete fissa, rallentati dal calo dei servizi di fonia. Crescono invece i servizi di connettività e di trasmissione dati legati al Cloud e alle applicazioni mobili.

Sul fronte della domanda, tutti i settori, tranne la PA, hanno fatto registrare un incremento nel 2017, che è atteso in accelerazione da qui al 2020. Sempre a costanza di condizioni, il tasso medio annuo di crescita 2017-2020 della domanda business sarà del 4,3%, (contro il +0,6% della domanda consumer) con punte del 6,5% nelle Utility e attorno al 6% nelle filiere che integrano Industria, Distribuzione e Servizi: a spingere i progetti guidati soprattutto da IoT, Wearable, AI/Cognitive e Big Data. Seguiranno con oltre il 5% Banche e Assicurazioni/Finanza e Trasporti, con focus prioritari su Mobility, AI/Cognitive e Security (nelle assicurazioni anche IoT e Big Data).

I cambiamenti di contesto dovrebbero rallentare gli investimenti in ambito Telco/Media, che manterranno tuttavia dinamiche apprezzabili (+2,3% tra il 2017-2020) con focus su Cloud, Security e Big Data. In ambito pubblico, in assenza di ulteriori stimoli, ci si attende dinamismo solo per la Sanità (tra il 2017-2020 a +3,1%), mentre la domanda digitale di PA Centrale e Locale è stimata in affanno (2017-2020 flat e -0,4% rispettivamente), pur a fronte della spinta Cloud, Security e Big Data.

Banche, Telco e Media sono i settori più orientati alla Digital Transformation in chiave strategica, attraverso il  ridisegno dei processi. Seguono sulla stessa linea Assicurazioni, Industria e Energy e Utility. Lo stesso vale per Distribuzione, Servizi, Logistica e Trasporti, ma limitatamente alle aziende più grandi. Di contro, la PA, pur avendo un piano sistemico, è rallentata da vincoli finanziari, normativi e culturali.

Le piccole aziende guardano più che in passato alla digitalizzazione, ma il gap rispetto alle grandi continua ad ampliarsi. E infatti, da qui al 2020 il tasso medio annuo di incremento della domanda delle aziende con oltre 250 addetti è stimato al 4,8%, superiore a quello delle aziende con 50-250 addetti (+4,4%) e, ancora di più, a quello delle piccole sotto i 50 addetti (+3%).  Gli investimenti si orientano sulle tematiche 4.0, la sicurezza e le applicazioni web in tutte le classi dimensionali.  IoT e Big Data promettono però solo nelle imprese di maggiori dimensioni, che già oggi sperimentano tecnologie di realtà aumentata e robotica avanzata.

Nel 2017, il mercato italiano Industria 4.0 ha sfiorato i 2,2 miliardi di euro, in crescita del 19,3%. La crescita maggiore si è registrata per i sistemi industriali connessi e intelligenti (+20,7%) – Additive Manufacturing, stampanti 3D e Advanced Manufacturing (sistemi industriali già connessi e sistemi robotici/o automatizzati) – seguiti dai prodotti e servizi Ict (+18,1%) con Industrial Internet, Cloud, Cybersecurity, Big Data e Analytics, sistemi e servizi per integrazione orizzontale e verticale, software di simulazione in 3D e la realtà aumentata e virtuale. Per il futuro è attesa una forte crescita dell’AI e della componente cobot.

Secondo l’associazione il Piano Impresa 4.0 se continuato, potrebbe stimolare oltre 10 miliardi di euro di maggiori investimenti privati (non tutti riconducibili a tecnologie digitali), un aumento di 11 miliardi nella spesa in ricerca e innovazione; e avere un impatto significativo sulle competenze, con 200 mila studenti e 3 mila manager formati sulle tecnologie 4.0 in capo a due anni. Gli investimenti in tecnologie 4.0 sfioreranno i 3,7 miliardi di euro nel 2020.

Sul fronte connettività, ad aprile 2018 le unità immobiliari raggiunte dalla banda ultralarga erano il 52,4% contro l’obiettivo del 71% di fine 2018. La copertura più elevata è in Lombardia, anche per i 100 Mbps con il 18,8%.  Le ultime rilevazioni prospettano uno scenario 2020 con un aumento delle aree bianche (poco appetibili per gli operatori) fino all’8,2% delle unità immobiliari, una copertura complessiva del 24% per la banda ultralarga a un Gb e del 38% per la banda ultralarga a 30 Mbps.

Per dare pari opportunità alle diverse aree del Paese, il sostegno pubblico agli investimenti infrastrutturali nelle aree bianche e grigie (con un solo operatore presente) dovrebbe includere stimoli alla domanda di servizi a valore aggiunto su connettività ultra veloce. In questo ambito rientrano ora il Piano Impresa 4.0, il progetto Italia WiFi e le sperimentazioni dei servizi in 5G. Il decollo del 5G è previsto attorno al 2022, con una copertura significativa a partire dal 2023.

I progetti della PA Digitale sono partiti ma ancora non sono in linea con le attese. Il Sistema Pubblico di Identità Digitale, coinvolgeva, a marzo 2018, oltre 4.000 Amministrazioni Centrali e Locali, ma con non più di 2,3 milioni di identità digitali rilasciate. PagoPA a marzo 2018 si contavano 16.000 adesioni, ma con ancora troppo poche transazioni (poco più di 7 milioni, contro un target di 50 milioni per il 2018 e di 150 milioni per il 2020).

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