SCENARI

Il futuro dell’era digitale? Un grande boh

Secondo l’economista premio Nobel Paul Krugman viviamo un paradosso: la tecnologia ha fatto passi rapidissimi, ma la crescita economica batte la fiacca. Sarà vero che le nuove tecnologie sono più divertenti che indispensabili? Per leggere il fenomeno si devono respingere le esagerazioni. La rubrica di Nicola D’Angelo

Pubblicato il 17 Lug 2015

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Un grande boh. Questo in sintesi il futuro dell’era digitale secondo Paul Krugman. L’economista premio Nobel parte dalla seguente considerazione: la tecnologia ha fatto rapidi progressi mentre la crescita economica continua a battere la fiacca. Sarà fondamentale respingere le esagerazioni, in un senso e nell’a

Un paradosso che qualcuno giustifica con il fatto che inventare una tecnologia e imparare diffusamente a utilizzarla sono due cose diverse. Tuttavia Krugman rileva che nell’epoca dell’iPhone, dell’iPad e di altre diavolerie non c’è crescita. L’era digitale che perdura da quarant’anni appare deludente. Le nuove tecnologie hanno avuto grande enfasi, ma hanno portato modesti risultati economici. Una spiegazione possibile è che le cifre non colgono la realtà, specialmente i vantaggi dei nuovi prodotti e servizi. Ed invece non sembra che siano così redditizi per imprese e consumatori e per l’incentivazione e la produzione di articoli tradizionali.

Krugman cita Peter Thiel, uno dei fondatori di PayPal, secondo il quale le nuove tecnologie sono più divertenti che indispensabili. Entusiasmano le classi twittanti, ma potrebbero non essere di così gran beneficio per l’economia. Insomma Krugman sembra assestarsi in quella corrente di pensiero che potremmo definire conservatrice sull’uso e l’effetto delle tecnologie digitali.
In realtà, a prescindere dalla sua inossidabile appartenenza alla sinistra liberal americana, egli muove un dubbio. Forse i Big Data trasformeranno ogni cosa, forse le stampanti 3D porteranno la rivoluzione, ma un fatto è certo: bisogna ridurre le esagerazioni.

Parlare a rotta di collo di come la tecnologia possa cambiare tutto potrebbe sembrare innocuo. Invece, funge da elemento di distrazione dalle questioni più ordinarie che attengono agli elementi strutturali dell’economia. Ma Krugman non è il solo in questi ultimi tempi a manifestare un certo scetticismo sugli entusiasmi per la rivoluzione digitale.

Sempre negli Stati Uniti avanza la discussione sugli effetti negativi anche sul piano sociale dell’uso di Internet e dei social network. Diffusioni di credenze e soprattutto incapacità di relazioni personali al di fuori della realtà virtuale sono additati come i nuovi pericoli da cui difendersi. In una università americana di recente è stato fatto un esperimento. Ad alcuni studenti per diversi giorni sono stati tolti iPad, iPhone e qualunque device elettronico. Risultato: incapacità di relazionarsi in modo tradizionale e perdita di interessi.

È giusto dunque lo scetticismo che si manifesta verso le tecnologie digitali? Il dubbio è il primo motore di libertà e questo vale anche in questo caso. Però non bisogna esagerare. Il digitale è un mondo complesso dove coesistono fenomeni negativi con altri fortemente positivi. La rapidità e la globalità delle comunicazioni, l’accesso ad una conoscenza diffusa, le applicazioni possibili nella vita reale oltre che virtuale, non sono cose che possono essere sbrigativamente associate all’onda montante dello scetticismo. Le esagerazioni vanno sicuramente respinte, ma sia in un senso che nell’altro.

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