Parte la trattativa per il contratto collettivo dei riders. “Sono certa che con un dialogo aperto e costruttivo fra le parti sociali si potrà giungere alla stipula di un accordo in grado di assicurare ai rider un quadro di tutele certe ed effettive e, al contempo, garantire una genuina concorrenza in un settore in costante evoluzione – scrive su Facebook la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, al termine del primo incontro con le parti sociali – Seguirò attentamente il cammino di questo confronto, assicurandomi che porti alla definizione di un’intesa positiva per tutti i soggetti coinvolti”. Si punta a chiudere entro dicembre.
“Si aperto il confronto fra le parti sociali per arrivare alla sottoscrizione di un contratto collettivo nazionale per i rider. Il ministero del Lavoro, come avevo proposto nelle scorse settimane, è la sede istituzionale in cui questo confronto si svilupperà – sottolinea Catalfo – Prima da presidente della Commissione Lavoro del Senato e poi da ministro ho sempre rivolto grande attenzione a questo tema, in continuità con l’azione svolta da Luigi Di Maio al ministero del Lavoro. Prova ne è il fatto che uno dei miei primi atti come titolare di questo dicastero è stato introdurre nel nostro ordinamento una disciplina rivolta ai lavoratori della gig economy e, in particolare, ai ciclo-fattorini impegnati nella consegna di beni e cibo a domicilio attraverso piattaforme digitali. Una disciplina che estende loro alcune tutele tipiche del lavoro subordinato, come quella contro gli infortuni, e che si è rivelata ancor più importante nel periodo più acuto dell’emergenza Coronavirus in cui questi lavoratori hanno avuto un ruolo essenziale. Adesso va fatto un ulteriore passo in avanti”.
Il governo, dunque, non ha intenzione di abbassare l’asticella dopo il confronto con le parti, compresa Assodelivery, che riunisce la varie piattaforme digitali che operano in Italia. Già la legge, il decreto Salva-imprese, prevede che a novembre scatti il divieto di cottimo e una paga agganciata a quella base prevista nei settori affini. Ma dà alle parti anche la possibilità di sancire accordi complessivi entro dodici mesi dall’entrata in vigore del provvedimento.
Al primo incontro – la trattativa ripartirà a settembre – hanno partecipato in rappresentanza dei ciclo fattorini Cgil, Cisl, Uil, Rider per i Diritti e Union. L’obiettivo della ministra sta nel dare certezze e più garanzie a lavoratori diventati, come rivendicano i sindacati, “essenziali durante i mesi del lockdown”, quando in molti, soprattutto nei grandi centri urbani, si sono affidati al food delivery. Le imprese del comparto da sempre insistono per inquadrare i rider all’interno del lavoro autonomo.
Cgil, Cisl e Uil vogliono però i diritti della subordinazione, dalla malattia all’orario minimo. E hanno già in mente i contratti a cui rifarsi, quelli della logistica o dei pubblici esercizi. Oltre al decreto, ci sono anche le sentenze che equiparano il lavoro dei rider a quello classico dei dipendenti, a prescindere dalla natura giuridica del rapporto, sia una partita Iva o una collaborazione.
Catalfo si dice ottimista, “certa” che si potrà giungere “alla stipula di un accordo in grado di assicurare ai rider un quadro di tutele certe ed effettive e, al contempo, garantire una genuina concorrenza in un settore in costante evoluzione”. Con la garanzia di salario minimo per tutti.
Il contratto nazionale della Logistica
Nel nostro Paese da luglio 2018 ai rider si dovrebbe applicare il contratto nazionale della logistica. L’accordo tra le associazioni datoriali e dai sindacati di categoria (Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti) stabilisce una cornice di diritti chiari, tutele salariali, assicurative e previdenziali tipiche del rapporto di lavoro subordinato.
Nel dettaglio il contratto prevede tutte le tutele, salariali, assicurative, previdenziali, tipiche del rapporto subordinato e quelle contrattuali come assistenza sanitaria integrativa e bilateralità. I rider sono inquadrati con parametri retributivi creati appositamente e come “personale viaggiante”.
Lo sprint in avanti delle Regioni
Il Lazio ha varato la prima legge regionale. Con la nuova normativa si riconosce la tutela dei lavoratori in caso di infortunio sul lavoro e malattie professionali; si assicura la formazione in materia di sicurezza; si dispone a carico delle piattaforme l’assicurazione per infortuni, danni a terzi e spese di manutenzione per i mezzi di lavoro; si introducono norme sulla maternità e sulla previdenza sociale; si ribadisce il rifiuto del compenso a cottimo e si introduce un’indennità di prenotazione nel caso in cui il mancato svolgimento dell’attività di servizio non dipenda dalla volontà del lavoratore.
Per quanto riguarda la definizione della paga base e premialità si rimanda invece alla contrattazione collettiva, superando l’attuale situazione in cui sono esclusivamente i datori di lavoro a dettare le condizioni economiche.
La legge prevede, inoltre, la realizzazione di un Portale del lavoro digitale a cui si possono iscrivere lavoratori e piattaforme e che permette di godere degli strumenti e contributi messi a disposizione dalla Regione Lazio.
Sarà invece la nuova Consulta regionale del lavoro digitale, operativa dalla scorsa settimana, a permettere il continuo aggiornamento dei temi e della consultazione tra le parti. Alla Consulta, inoltre, spetta l’elaborazione di una Carta dei diritti dei lavoratori digitali con l’obiettivo di promuovere principi, regole e tutele a garanzia dei lavoratori e delle piattaforme nonché di sostenere il principio di consumo responsabile. Per il biennio 2019-2020 sono messi a disposizione 2 milioni e 100 mila euro per le politiche di assistenza e per la realizzazione del portale dedicato
L’assemblea della Toscana ha approvato un atto riguardante i diritti dei nuovi lavoratori digitali. La mozione impegnerà la giunta regionale ad attivarsi nei confronti del Parlamento e del governo nazionale, per intervenire a colmare un vuoto normativo che, secondo i promotori dell’atto, rischia di cancellare i diritti dei lavoratori digitali della cosiddetta gig economy, a partire dall’individuazione di un salario minimo e passando anche dalla tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.
L’atto impegnerà l’esecutivo, inoltre, ad attivarsi per verificare quali spazi possa avere la Regione Toscana nell’intraprendere misure di politiche attive sul lavoro di queste nuove tipologie, valutando anche l’approvazione di una Carta dei diritti dei lavoratori digitali.
La legge europea
Diritti minimi per chi svolge un’occupazione occasionale o a breve termine; obbligo di comunicare le condizioni di lavoro il primo giorno o entro 7 giorni se giustificato; periodo di prova limitato a sei mesi. Sono i pilastri fondamentale della nuova legge approvata dal Parlamento europeo che definisce un quadro di tutele per i lavoratori della gig economy.
La legge, già concordata con i ministri Ue, riguarda coloro che svolgono un’occupazione occasionale o a breve termine, come i lavoratori a chiamata, intermittenti, a voucher, tramite piattaforma, così come i tirocinanti e gli apprendisti retribuiti se lavorano in media almeno tre ore alla settimana e 12 ore su quattro settimane. I lavoratori autonomi sono invece esclusi dalle nuove norme.
Le norme prevedono che tutti i lavoratori debbano essere informati fin dal primo giorno, come principio generale e, ove giustificato, entro sette giorni, degli aspetti essenziali del loro contratto di lavoro. Tra questi: descrizione delle mansioni, data di inizio, durata, retribuzione, giornata lavorativa standard o orario di riferimento per coloro che hanno orari di lavoro imprevedibili.
I lavoratori con contratti a chiamata o con forme analoghe di occupazione beneficeranno di un livello minimo di prevedibilità (come orari e giorni di riferimento predeterminati) e sarà loro diritto rifiutare, senza conseguenze, un incarico al di fuori dell’orario prestabilito o essere compensati se l’incarico non è annullato in tempo. Ai datori di lavoro, di contro, è vietato sanzionare i lavoratori che vogliono accettare impieghi con altre imprese, se le nuove mansioni non rientrano nell’orario di lavoro stabilito.
La legge europea lascia alle legislazioni nazionali la definizione di misure a prevenzione delle pratiche abusive, come i limiti allo scopo e la durata del contratto.
Focus anche sui periodi di prova e la formazione. I periodi di prova non potranno essere superiori a sei mesi o proporzionali alla durata prevista del contratto in caso di lavoro a tempo determinato. Un contratto rinnovato per la stessa funzione non potrà essere definito quale periodo di prova.
Infine, il datore di lavoro dovrà fornire gratuitamente una formazione che sarà inclusa nell’orario di lavoro. Quando possibile, tale formazione dovrà essere anche completata entro l’orario di lavoro.