L’impiego di software “pirata”, ossia privo di regolare
licenza, per ridurre i costi in azienda spesso si rivela un
boomerang.
Ammonta infatti a 11 milioni e 300.000 euro il costo
complessivamente sostenuto dalle aziende europee nel corso del 2009
a seguito di azioni legali promosse da Business Software Alliance
(Bsa).
Lo scorso anno Bsa ha ricevuto circa 4.000 segnalazioni relative a
società presunte utilizzatrici di software illegale, che hanno
condotto a ben 2.256 accertamenti giudiziari.
In Italia, analizzando le ultime sette azioni civili instaurate da
Bsa, è risultato che il costo sostenuto dalle aziende che
operavano in violazione della normativa sul diritto d’autore è
stato di oltre 211.787 euro, di cui 77.832 euro pagati da
un’azienda del centro Italia per evitare una causa in tribunale
che avrebbe potuto rivelarsi dannosa per il bilancio e l’immagine
della stessa. Alle somme sborsate per il risarcimento dei danni
vanno sommati gli oltre 70.000 euro necessari per dotarsi delle
licenze dei software prima illegalmente impiegati, una spesa che
queste aziende avrebbero comunque dovuto sostenere e che, sommata
ai costi del risarcimento del danno e alle spese del giudizio (di
molto superiori a quelli delle licenze in sé), rende evidente come
la pirateria non sia affatto conveniente.
Va sottolineato come nel 2009 la Guardia di Finanza abbia
sollecitato la collaborazione dei consulenti tecnici di Bsa in ben
134 azioni investigative, che hanno portato al sequestro di
software illegale per oltre 3.500.000 euro, alla denuncia di circa
100 responsabili all’Autorità Giudiziaria e a più di 7.000.000
euro di sanzioni amministrative.
“Quest’anno Bsa ha incrementato il proprio impegno sul versante
legale, aumentando decisamente gli accordi extra giudiziali
rispetto al 2008”, spiega Sarah Coombes, Senior Director dei
Legal Affairs di Bsa Emea. “Questi risultati mandano un messaggio
preciso: nell’attuale difficile situazione finanziaria, le
aziende devono verificare accuratamente di utilizzare solo software
legale, pena l’incorrere in pesanti spese legali, da aggiungere
al costo delle regolari licenze, indispensabili per dotarsi delle
risorse software necessarie alla propria attività”.
“Gli 11,3 milioni di costi sopra citati includono solo le cifre
pagate a seguito di azioni legali dirette di Bsa”, continua
Coombes. “Ma il costo reale per le imprese è ben più alto,
perché comprende gli esborsi per spese legali per la propria
difesa, i costi indiretti legati ai mancati ricavi del business
perduto a causa dei periodi di fermo attività per indagini,
soprattutto in sede penale, e ai danni all’immagine aziendale,
oltre alla necessità imprevista di acquistare il software che
prima si utilizzava illegalmente. Si ritiene erroneamente che
l’underlicensing in azienda sia un modo per ridurre i costi, ma
in realtà esso espone il business più a rischi che a veri
vantaggi”.
“Oltre all’enforcement, Bsa è fortemente impegnata
nell’educare le imprese sull’importanza del software legale e
nell’agevolarne l’adozione”, aggiunge Luca Marinelli,
Presidente di Business Software Alliance in Italia. “Mettiamo a
loro disposizione un’ampia scelta di strumenti informativi,
consulenziali e risorse gratuite, per aiutare le imprese a far
fronte alle proprie esigenze informatiche alle migliori condizioni
rimanendo nella legalità. Perché un’efficiente gestione delle
risorse software può anche far risparmiare costi, per esempio
identificando programmi inutilizzati da non riacquistare”.
Il software illegale, oltre che sui costi aziendali, ha un impatto
fortemente negativo sull’economia in generale. Infatti, secondo
lo studio Piracy Reduction Impact di Idc, un calo del 10% nel tasso
di pirateria si tradurrebbe in quasi 2,8 miliardi di euro alla
crescita dell'economia italiana, più di 6.000 nuovi posti di
lavoro e circa 763.000.000 euro di entrate per l’Erario
(attualmente evase).