Sono a quota 73% le organizzazioni non profit che hanno ha già investito in innovazione negli ultimi 5 anni. Ma più del 60% continua a incontrare difficoltà nel promuovere processi innovativi che permettano di approdare a nuovi modelli. Emerge dal report “La domanda di innovazione del Terzo settore” promosso da Fondazione Italia Sociale in collaborazione con Deloitte e TechSoup, secondo cui carenza di risorse, resistenze interne e attitudine della PA rappresentano le cause frenanti percepite dagli enti.
Il report è stato presentato nel corso di un webinar a cui hanno partecipato, fra gli altri, Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo; Andrea Pontremoli, Amministratore Delegato e Socio di Dallara Automobili; Mario Calderini, Professore del Politecnico di Milano e Claudia Fiaschi, Portavoce del Forum nazionale Terzo settore.
Le organizzazioni più “virtuose”
Tra gli enti più innovativi sono in prima linea imprese e cooperative sociali che più frequentemente adottano un approccio sistematico e radicale all’innovazione. Cloud, tecnologie per la comunicazione digitale e per l’erogazione dei servizi a distanza le innovazioni a cui puntano maggiormente le organizzazioni.
Si tratta di un approccio incrementale piuttosto che radicale – si legge nel report: “Si tende a migliorare o adattare l’offerta già esistente rispetto all’introduzione di servizi, prodotti o processi completamente nuovi”.
Gli ostacoli alla corsa innovativa
Gli ostacoli principali affinché l’innovazione possa divenire una priorità strategica ed operativa rimangono le limitate risorse umane e finanziarie che gli enti del Terzo settore possono allocarvi. Per le organizzazioni che non investono in innovazione, le motivazioni principali sono l’indisponibilità di risorse economico-finanziario (64%) a cui si aggiunge la mancanza di personale sufficientemente formato o con competenze specifiche (34%)”.
Ma fra gli ostacoli si registra anche un limite nelle governance e negli organi direttivi: la maggior parte degli enti fatica ad adottare strategie e strumenti operativi per dare esecuzione ad un piano di innovazione e solo il 21% ha definito una strategia di medio-lungo termine con obiettivi dichiarati e misurabili.
Per questo, annota il report, serve che l’innovazione, tecnologica e digitale, venga affrontata in termini più strategici e, ancora una volta, sistemici.
I passi da affrontare
Per favorire lo sviluppo dell’innovazione, le organizzazioni vedono nel confronto e nel lavoro in rete una spinta fondamentale, ma per farlo è necessario sia un sostegno concreto delle istituzioni, sia un cambio di passo degli enti di Terzo settore. Le aree su cui intervenire sono molteplici: dalla professionalizzazione delle risorse umane, alla capacità di condividere al proprio interno strategie e processi decisionali, dalla disponibilità a misurare gli impatti generati fino all’apertura a una reale contaminazione con realtà e ambienti differenti dal proprio.
“È necessario che nel Terzo settore – si legge nel report – venga promossa una cultura dell’innovazione condivisa e aperta alla contaminazione con settori e comparti diversi dal proprio ecosistema”.
Ma per farlo “servono risorse e prospettive di lungo termine, in cui le istituzioni pubbliche e private possano giocare un ruolo chiave per sostenere percorsi e creare ambienti fertili per lo sviluppo dell’innovazione”.
Utilizzo delle risorse europee
“Il distacco dai modelli del passato è già avvenuto – commenta il Segretario Generale di Fondazione Italia Sociale, Gianluca Salvatori -, ma l’approdo a nuovi modelli operativi è ancora da completare, così come l’istituzione di un concreto approccio al lavoro in rete, ad una reale contaminazione con il mondo dell’impresa, dell’accademia e il pubblico. Una transizione che può fornire ottimi spunti per elaborare un piano di sviluppo strategico. Le occasioni d’altronde non mancano: dall’utilizzo delle risorse previste dai fondi di Next Generation EU, alla prossima programmazione europea 2021-2027 relativa ai fondi strutturali di coesione, e fino agli indirizzi che la Commissione europea si accinge a definire entro la fine del 2021 riguardo al Piano d’azione europeo per l’economia sociale”.
“Contaminazione” parola chiave
“La consapevolezza acquisita da imprenditori e investitori di avere una responsabilità diretta nel contribuire all’accrescimento del benessere di dipendenti e collettività del territorio in cui operano – dice Ernesto Lanzillo, Deloitte Private Leader in Italia – possono consentire al non profit di contaminarsi di competenze, soluzioni strategiche ed organizzative che contribuiranno a sviluppare innovazione del loro modo di agire e di incidere sull’ecosistema”.
“Il report segnala che la trasformazione digitale non sia più meramente un’opzione quanto la dimensione strategica entro cui si gioca il futuro delle nostre organizzazioni – dice Fabio Fraticelli, direttore operativo di TechSoup -. Continueremo a monitorare e supportare la risposta del Terzo Settore a questa sfida, convinti che il percorso di trasformazione digitale sia nutrito dal continuo dialogo e confronto sistematico tra la realtà Non Profit e una comunità di apprendimento inter-organizzativa, fatta anche da voci esperte, che sostenga e nutra la maturità digitale delle organizzazioni Non Profit e dei propri collaboratori”.