Una lettera ai presidenti di Camera e Senato nella quale si chiede di “rendere obbligatorie” in Parlamento alcune misure come il controllo delle impronte digitali contro i casi dei ‘pianisti’ perché “quello che vale per i dipendenti pubblici deve valere anche per i politici”. E’ quella che ha inviato Mattia Fantinati, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, e che viene annunciata in un’intervista a Il Messaggero.
Oggi, spiega ancora, “non è obbligatorio depositarle e quindi non è nemmeno obbligatorio usarle per votare. Si tratta di un passaggio fondamentale per valutare la qualità di un politico”. E, ricorda ancora Fantinati, anche “la diaria giornaliera è legata alla presenza ed è considerato presente solo il parlamentare se partecipa almeno al 30% delle votazioni del giorno. Se la diaria si basa sulle votazioni – spiega il sottosegretario – deve essere corrisposta a chi vi ha partecipato realmente. Sono sicuro che il presidente Fico approverà la mia proposta”. Riguardo ai tempi di approvazione, per Fantinati “dipenderà dalle Camere. Nel frattempo, però, è fondamentale che i politici percepiscano questa pressione pubblica per approvare un tale provvedimento” che sarebbe “un passaggio fondamentale anche per la nostra proposta di riforma costituzionale di vincolo di mandato, prevista dal contratto di governo”, conclude.
Le reazioni alla proposta non si sono fatte attendere. Per il capogruppi di LeU Federico Fornaro, “quella del sottosegretario Fantinati è una lettera irricevibile e la gravità di questo intervento non è accettabile. C’è un problema di dignità del Parlamento”.
“Non si può accettare la logica per cui siamo qui a rubare lo stipendio – dice Fornaro – Dove è stato fino ad ora Fantinati? I parlamentari che non votano con le impronte sono meno del 4%. Un membro del governo deve rispettare il Parlamento. E’ iniziata la campagna denigratoria contro i parlamentari utile alla propaganda. Tra l’altro – prosegue Fornaro – lezioni da un collega che nella scorsa legislatura ha fatto solo il 68,73 % di presenze, cioè ha saltato una votazione elettronica su tre, non si possono accettare. E’ ora di finire con questi attacchi, basta con questa barbarie. Chiedo al Presidente Fico non solo di rispondere ma di tutelare l’onorabilità del Parlamento”.
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Il decreto Concretezza e le impronte digitali per i dipendenti della PA
Nel giro di vite contro l’assenteismo nel pubblico impiego si appunto supera il vecchio badge: entrano in campo i controlli biometrici dell’identità usando le impronte digitali (sulla carta è possibile, ma più complicata e costosa, l’identificazione facciale o dell’iride) e i sistemi di videosorveglianza.
Entrando nel dettaglio, il disegno di legge prevede anche l’istituzione, presso il Dipartimento della funzione pubblica, del “Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa” (Nucleo della concretezza): la task force avrà una funzione di supporto dell’attività delle pubbliche amministrazioni e Nucleo verificherà l’attuazione delle disposizioni in materia di organizzazione e funzionamento della PA, individuando eventuali azioni correttive.
La rivolta dei presidi
In una lettera indirizzata ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. L’Anp (Associazione nazionale presidi) si scaglia contro il testo del decreto-concretezza e in particolare contro l’adozione di controlli biometrici di presenza sul posto di lavoro per tutto il personale pubblico, inclusi i dirigenti, ma con “l’importante esclusione del personale docente”. Controlli, a detta dei presidi inutilmente, vessatori e incostuzionali.
“Quali miglioramenti Vi attendete se quella disposizione sarà convertita in legge? – domanda il presidente Anp, Antonello Giannelli – In cosa migliorerà la Pubblica Amministrazione? Sarà forse più vicina alle esigenze dei cittadini, con dei dirigenti sviliti da forme di controllo superflue e irrilevanti? Vi chiedo pertanto di compiere un vero gesto politico: fate emendare il testo in discussione al Senato, eliminando quella misura inutilmente vessatoria nei confronti dei dirigenti pubblici, fedeli servitori dello Stato”.
I rilievi del Garante Privacy
Per il Garante Privacy la rilevazione biometrica attraverso le impronte digitali e l’utilizzo di telecamere per combattere il fenomeno dell’assenteismo dei dipendenti pubblici, i cosiddetti “furbetti del cartellino”, “andrebbe riformulata” in quanto “incompatibile con la disciplina europea” ma anche per la sua “intrinseca contraddittorietà”.
Secondo Antonello Soro, infatti, questi sistemi andrebbero adottati “in presenza di fattori di rischio specifici, ovvero di particolari presupposti quali ad esempio le dimensioni dell’ente, il numero dei dipendenti coinvolti, la ricorrenza di situazioni di criticità che potrebbero essere anche influenzate dal contesto ambientale”. E dunque non in maniera generalizzata a tutte le pubbliche amministrazioni. Inoltre secondo il Garante “sarebbe opportuno modificare il testo prevedendo espressamente l’alternatività del ricorso alla rilevazione biometrica e alle video riprese”.
Soro si appella anche alla normativa europea con la quale la norma “sarebbe difficilmente compatibile” ai previsti criteri di necessità e proporzionalità. Del resto – argomenta ancora il Garante “l’analisi di impatto regolazione (Aire) contenuta nella relazione alla legge richiama l’esigenza di contrasto a un fenomeno della falsa attestazione della presenza in servizio indubbiamente grave ma rispetto al quale non sembrano emergere dati univoci in ordine alla sua sistematica e generalizzata diffusione nelle pubbliche amministrazioni”.
La strategia pro-privacy della ministra Bongiorno
La ministra della PA risponde ai rilievi del Garante Privacy: “Il sistema che adotteremo consente di trasformare l’impronta in caratteri alfanumerici – ha puntualizzato Bongiorno – In questo modo il dato biometrico non sarà trasferito integralmente all’amministrazione pubblica, perché una parte resterà coperta”.