Gli amministratori delle società partecipate potranno essere chiamati dalla Corte dei Conti a risarcire il danno erariale creato dalle loro scelte che colpiscono l’azienda oppure i soci. Lo prevede l’ultima versione del testo unico sulle partecipate all’interno del ddl Madia, che ora passa al vaglio della Conferenza unificata e delle commissioni parlamentari competenti.
Finora, stando alle regole fissate dalla Cassazione, l’intervento della Corte de Conti sulle in house era previsto solo in quelle che per statuto escludevano la presenza di soci privati.
Secondo il nuovo testo, invece, sarebbe sufficiente la presenza nel capitale di una quota pubblica per aprire le porte alle indagini dei magistrati contabili.
Il decreto legislativo prevede inoltre un taglio netto alle in house, anche quelle dell’Ict, che passeranno dalle attuali 8mila a mille. Si prevede la drastica riduzione delle società partecipate inutili: le scatole vuote, le società inattive, le micro e quelle che non producono servizi indispensabili alla collettività. Sono introdotti interventi di moralizzazione sui compensi degli amministratori. Per il futuro sono individuati i criteri chiari sulla base dei quali sarà possibile costituire e gestire le società partecipate. Sono escluse quelle quotate.
Se ci saranno ostacoli al piano di riduzione delle partecipate per inadempienza delle amministrazioni partecipanti si muoverà una struttura presso il ministero dell’Economia che si assumerà la responsabilità di farlo con poteri sostitutivi e che avrà il compito di
attuazione delle norme previste nel decreto attuativo. La lista delle società in liquidzione sarà pronta in tre mesi.
Il presidente dell’Anci, Piero Fassino è convinto della “necessità che le municipalizzate abbiano dimensioni adeguate al mercato in cui operano, anche con l’apertura ai privati”. Tuttavia, ha auspicato, “il percorso di revisione di queste società sarebbe opportuno che fosse condiviso con i Sindaci”.
Per il presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, “è positivo l’obiettivo di voler razionalizzare. C’è un grande bisogno di creare economie di scala. Ma c’è un grande nodo che ancora non si riesce ad affrontare”
“Non è chiaro – ha evidenziato Catania al nostro giornale – cosa vogliamo che diventino queste aziende. Molte di esse sono Spa ma, al contempo, hanno una sorta di dipendenza “figliare” nei confronti delle PA di riferimento: sono “para-dirette”. È tempo di liberarle, di farle diventare imprese a tutti gli effetti, solo con una governance responsabile e indipendente riusciranno a raggiungere i loro obiettivi”.